Il contachilometri fermo, un intreccio di lamiere e fili. Quello che resta della Fiat Croma blindata, l’auto sulla quale persero la vita gli agenti di scorta al magistrato Giovanni Falcone il 23 maggio 1992, giorno della Strage di Capaci, è custodito nella teca che – dopo aver fatto il giro d’Italia – è arrivata in Provincia di Como, a Cantù in piazza Garibaldi.
La “Quarto Savona 15“, dal nome della sigla radio attribuita agli uomini della scorta di Falcone è la testimonianza concreta di quanto avvenne quel giorno sull’autostrada A29 all’altezza dello svincolo per Capaci, dove persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Oggi all’incontro “Cosa rimane a chi resta” organizzato per l’occasione al Teatro San Teodoro di Cantù erano presenti Tina Montinaro, presidente dell’Associazione Quarto Savona Quindici e moglie del caposcorta Antonio Montinaro, il sottosegretario al Ministero dell’Interno, Nicola Molteni, la coordinatrice della DDA di Milano, Alessandra Dolci, il presidente della Commissione Antimafia della Regione Lombardia, Monica Forte, il vicesindaco di Cantù, Giuseppe Molteni insieme con l’assessore alla Sicurezza e Legalità, Maurizio Cattaneo e il presidente della Consulta Permanente Sicurezza e Legalità, Benedetto Madonia.
Il convegno, organizzato dal Comune di Cantù e dalla Consulta Permanente sulla Sicurezza Urbana e Legalità, in collaborazione con Centro Studi Sociali Contro Le Mafie Progetto San Francesco, è parte della rassegna Noi Siamo Loro, «Gli uomini passano, le idee restano e camminano sulle gambe di altri uomini».