“Como città di fratelli”, è il forte appello alla solidarietà che arriva nel secondo anno di pandemia dal vescovo di Como, monsignor Oscar Cantoni durante il tradizionale “Discorso alla città” pronunciato nella basilica di Sant’Abbondio, nel corso della celebrazione dei Vespri solenni ieri sera alla vigilia della festa del patrono di Como e della Diocesi.
“La pandemia, purtroppo ancora in atto, ha generato anche a Como danni incalcolabili, ha portato con sé la perdita di persone care, ha generato tante lacrime, lutti e dolori, sofferenze fisiche e problemi economici che hanno colpito alcuni più di altri e, come sempre, soprattutto i più poveri – ha detto il vescovo Cantoni – Anche da questa infelice situazione occorre imparare a ricavare una lezione, immettendo gli “anticorpi della solidarietà”, che ci chiede di guardare i bisogni e i problemi degli altri”.
“L’individualismo, tuttavia, si insinua ovunque – ha spiegato – È un vero virus da combattere, “il più difficile da sconfiggere”, ma nella nostra Città non mancano significativi e convincenti esempi di solidarietà”.
Un passaggio anche sull’emergenza maltempo che ha colpito il Lario nel mese di luglio. “Frane e alluvioni sono il sintomo di un dissesto idrogeologico conseguente a scelte scriteriate di continua cementificazione e consumo di suolo, ma anche di una più generale incuria nei confronti della natura che ci ospita. Il tempo post pandemico si può rivelare una grande opportunità per realizzare buone prassi di ecologia integrale, che tengano insieme l’occupazione e la tutela dell’ambiente”, ha detto il vescovo Cantoni.
“Da un male rinasce il desiderio di fraternità che non si ferma a un progetto ideale ma si realizza concretamente con l’apporto di tanti uomini e donne di buona volontà”, ha continuato monsignor Cantoni
Infine il vescovo di Como ha ricordato le celebrazioni per l’anniversario della morte di don Roberto Malgesini il prossimo 15 settembre. “Don Roberto è un dono prezioso per la città di Como – ha detto il vescovo della città – Un dono che va conservato e rigenerato.
Per questo pensiamo sia bello fare della sua abitazione a San Rocco un luogo di memoria viva di quella vita fraterna che don Roberto ci ha insegnato, fatta di accoglienza, nutrita sempre dalla preghiera”.
“Come vescovo – ha concluso – mi auguro che dal male di questi mesi – l’inondazione, la pandemia, l’uccisione di don Roberto – sgorghi una rinnovata fonte di bene e di fraternità”.