Tredici anni di convivenza ed altrettanti anni di denigrazioni e violenza. Tredici anni di denunce poi sempre ritirate per il “bene” della famiglia. Un bene che ha smesso di essere tale quando la donna di 34 anni di origine albanese, lo scorso maggio ha deciso di ribellarsi, interrompendo la relazione sentimentale e la convivenza con il compagno, un 54enne italiano, padre dei suoi due figli.
Ma l’uomo, non accettando la fine della relazione avrebbe iniziato pedinamenti e persecuzioni. Un comportamento ossessivo, che sarebbe anche culminato con l’installazione di un GPS nell’auto per monitorare gli spostamenti dell’ex convivente e un registratore in ufficio.
E ancora, aggressioni verbali, ingiurie e minacce anche fisiche. La donna sarebbe finita all’ospedale con una prognosi di 10 giorni dopo un pugno alla testa. Episodio che avrebbe indotto la 34enne a denunciare l’ex compagno. Per il 54enne, ritenuto responsabile di maltrattamenti, lesioni personali e atti persecutori, la Procura della Repubblica aveva chiesto il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dall’ex compagna. Una misura accolta dal Giudice per le indagini preliminari.
Dopo la denuncia infatti la donna ha raccontato di aver ricevuto altre minacce, anche di morte. Le forze dell’ordine sono intervenute cinque volte in venti giorni per le liti furibonde avvenute anche in presenza dei figli minorenni. Dalle perquisizioni l’uomo non sarebbe risultato in possesso di alcuna arma sebbene avesse detto alla donna di averne una. Presumibilmente un altro modo per spaventarla. Per comunicare il provvedimento di divieto di avvicinamento è intervenuta la squadra mobile di Vibo Valentia, in quanto il 54enne si trovava al mare con i figli in Calabria.