Il capannone di via Milano a Cantù, sede dell’associazione culturale Assalam, non può essere utilizzato come luogo di culto. Lo scrive il Consiglio di Stato in una sentenza, datata 19 luglio, che potrebbe segnare la fine di un braccio di ferro tra Comune e associazione che si trascina dal 2014.
“La destinazione d’uso dell’immobile per finalità di culto risulta non compatibile con la destinazione legale dell’area, che rientra in ambiti industriali, artigianali, commerciali e direzionali”, sancisce il Consiglio di Stato, che indica poi anche che l’amministrazione comunale non può acquisire l’immobile, come invece aveva preteso chiedendo la consegna delle chiavi.
La Lega
Esulta il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni. “E’ una sentenza storica che dà ragione al Comune di Cantù e alla Lega – dice – Pregare e svolgere il culto in un luogo destinato a capannone industriale e commerciale è contro la legge. I giudici amministrativi confermano che in via Milano si pregava nonostante le norme urbanistiche lo impedissero”.
“Vince il diritto, vince la legalità, vince la Costituzione, vince la buona amministrazione e vince la Lega – dice Molteni – Ora la moschea abusiva va chiusa, si ripristini la legalità e la Comunità Islamica e la sinistra chiedano scusa a Cantù e ai canturini per aver fatto perdere tempo e soldi”.
“È una vittoria del buonsenso e della legalità, che sono fiera di aver portato avanti insieme a Nicola Molteni e agli altri esponenti della Lega – aggiunge Alessandra Locatelli, assessore regionale alla Famiglia – La sentenza conferma di fatto quella emessa nel 2018 dal Tar Lombardia, che aveva stabilito che la comunità islamica aveva violato le leggi urbanistiche e quelle regionali”.
Il sindaco
Interviene anche il sindaco di Cantù Alice Galbiati. “La vicenda della moschea di via Milano fino ad ora è costata ai cittadini di Cantù 61mila euro – dice – Questo per sentir confermare ciò che abbiamo sempre saputo: l’utilizzo di un capannone industriale quale luogo di culto è illegittimo. Soldi che avremmo potuto utilizzare in modo decisamente più proficuo per la nostra città. Ciò che davvero importa è che la sentenza, oltre a confermare l’illegittimo utilizzo dell’immobile, demolisce in via definitiva le accuse mosse al Comune di avere violato il principio costituzionale di laicità dello Stato e di rispetto della libertà religiosa”.
L’Associazione Assalam
Il caso non è però chiuso secondo Vincenzo Latorraca, legale dell’Associazione Assalam, che annuncia che valuterà l’opportunità di un’azione avanti alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo. “Il Consiglio di Stato ha fissato un presupposto importante chiarendo che non è oggi possibile acquisire la proprietà del capannone al patrimonio comunale – dice – Inoltre vengono negati diritti costituzionalmente garantiti e della normativa europea, su tutti diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”.