Il 50% dei lavoratori non vorrebbe rientrare in ufficio, con punte dell’80% nel settore bancario e assicurativo. E’ quanto emerge da un’indagine condotta dalla Uil secondo la quale metà dei lombardi lavorerebbe sempre in smartworking preferendo la casa all’azienda. Questo però può essere campanello d’allarme di uno stato di malessere, che nei casi più acuti viene definito sindrome della grotta , cioè una vera e propria difficoltà ad uscire dalla propria abitazione e ritornare nel mondo esterno.
Il timore di confrontarsi con il mondo esterno
“Questo fenomeno è legato in particolare alle grandi città come Milano dove afferiscono lavoratori dalle province limitrofe, come Como e Varese, con molte persone che affrontano lunghi trasferimenti in auto o sui mezzi pubblici spesso tra disagi e difficoltà”, spiega lo psichiatra Michele Sforza, professore presso la Casa di Cura Le Betulle di Appiano Gentile. La sindrome della grotta vede molte persone rifugiarsi in casa come accaduto durante il lockdown, quello più duro, per lavoratori in smartworking -così come per alcuni studenti- al riparo dalle stimolazioni del mondo esterno. “Si tratta soprattutto di soggetti riservati e introversi per i quali la grotta è un isolamento protettivo –continua il professor Sforza- persone che, ora che si sta tornando alla normalità vanno aiutate”.
Uscire da questo momento buio si può
Oggi il lavoro sta cambiando, e molte aziende stanno pensando di suddividere l’impegno tra casa e ufficio “Questo aiuta, -continua il professore- ma chi soffre deve riuscire ad affrontare la paura di uscire. A volte basta parlarne anche solo in famiglia o tra amici, altre volte è necessario rivolgersi ad uno specialista a partire dal medico di base che valuterà la necessità di un supporto di tipo psicologico o psichiatrico in modo che la persona stessa si renda conto di poter uscire da questo momento buio”.