Finanziatori del terrorismo islamico. In tribunale a Como è in corso un processo a carico di persone accusate di avere raccolto somme di denaro nel territorio del Triangolo Lariano e dell’Erbese, ma anche in altre aree d’Italia, in Svezia e in Ungheria, da inviare tra Libano e Siria per sostenere gruppi jihadisti. La mente del gruppo, per l’accusa era residente a Camerlata.
Questa mattina, davanti alla Corte d’Assise di Como, sono comparse 13 persone, una italiana di Colico, nel lecchese, un marocchino, un libanese e dieci siriani. Per tre di loro, l’accusa è di aver contribuito alla raccolta di denaro utilizzato «per il compimento di condotte con finalità di terrorismo».
L’accusa
Per l’accusa, gli indagati avrebbero utilizzato un complesso sistema finanziario abusivo fondato sulla fiducia tra le parti che permette una fitta rete di scambi, cessioni di credito e trasferimenti di contante da e per l’Italia con destinazioni svariate, tra le quali appunto quelle teatro di conflitti bellici. Le indagini sono state condotte dai finanzieri del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma, lo Scico e hanno riguardato anche il traffico di migranti organizzato sulla rotta balcanica da alcuni siriani di Erba.
L’indagine
L’indagine era nata da accertamenti sui trasferimenti di denaro degli stranieri residenti in Italia nei Paesi d’origine. L’incrocio di dati con il database del Comitato analisi strategico antiterrorismo, aveva permesso di mettere sotto la lente 43 operazioni finanziarie sospette su 30 persone. I soldi erano diretti in zone di conflitto e partivano soprattutto dal Comasco ma anche da Lecco e da Milano, dalla Svezia, dall’Ungheria e dalla Turchia.