Nell’elenco, piuttosto lungo, dei giornalisti intercettati nell’ambito dell’indagine del 2017 della Procura di Trapani sulle Ong impegnate nel Mediterraneo nella ricerca e soccorso dei migranti libici, c’è anche il nome di un comasco. È Nello Scavo, catanese d’origine ma lariano di adozione, cronista de L’Avvenire, finito sotto scorta nel 2019 per le minacce ricevute per le sue inchieste sui trafficanti di uomini. Ad occuparsi del caso è Il Domani. Il quotidiano diretto da Stefano Feltri, in collaborazione con Rai News e i colleghi del Guardian, ha visionato trentamila pagine. E ha scoperto che nell’indagine sono stati intercettati e ascoltati almeno quindici giornalisti, ma anche avvocati e senatori. Alcuni giornalisti, si legge su Il Domani, “sono stati intercettati direttamente, altri perché al telefono con indagati, alcuni pure schedati in report dedicati”. Nello Scavo viene ascoltato “mentre si confrontava con don Mussie Zerai su alcuni video in possesso del prete sui maltrattamenti subiti dai migranti dalla guardia costiera libica”.
Il cronista: “Nessuna immunità, solo tutela delle fonti”
“Non penso chi giornalisti debbano essere al di sopra della legge o debbano godere di qualche immunità. Nel modo più assoluto, no – commenta Nello Scavo – il tema è la protezione delle fonti. Se gli investigatori vengono a conoscenza di intercettazioni che non hanno rilevanza nell’indagine, e nel nostro caso non ne avevano, quelle conversazioni vanno distrutte. Primo, perché qui si parla di gente che ammazza, e le nostre fonti rischiano la vita. Secondo, perché la tutela delle fonti è necessaria per consentire ai giornalisti di lavorare”.