Sono circa 4mila i pescatori dilettanti che operano su Lario, laghi minori e fiumi, più 42 professionisti cui si aggiungono i 28 del Lecchese. Hanno tutti a che fare con il riscaldamento globale e le sue conseguenze. Meno pesci, meno reddito. E fauna ittica che soffre. Le cause, come sottolinea William Cavadini, presidente del gruppo di pescatori “Como Alpha”, sono il mancato interscambio tra acque di profondità e di superficie in inverno: l’acqua è troppo calda e non vi è afflusso di plancton che nutre i piccoli pesci di superficie.
“Il lago caldo in inverno – dice Cavadini – è un problema sempre più avvertito e a farne le spese sono appunto piccoli pesci come le arborelle che si nutrono di plancton e fanno a loro volta da mangime per altri pesci di dimensioni maggiori come le trote. Non dico che così il lago muore – prosegue il presidente comasco – ma è sicuramente è un ecosistema che subisce profonde mutazioni. Quest’anno la temperatura invernale non è mai andata sotto gli otto gradi. E così il pescato crolla del 40% sia per noi dilettanti che per i professionisti”.
A confermare le difficoltà è Carlo Romanò, tecnico dell’amministrazione regionale nel settore pesca: “La crisi innescata dal riscaldamento globale colpisce soprattutto il lavarello – dice – che è la specie più abbondante nel Lario. Certo è che raramente c’è una causa unica. Un’altra è sicuramente l’abbassamento del livello del Lario da quando sono operative le dighe di Olginate”.