L’associazione culturale Assalam di Cantù ha vinto due ricorsi al Tar relativi al capannone di via Milano, sede del centro culturale, che gli oltre 400 iscritti vorrebbero utilizzare anche come luogo di culto. I ricorsi riguardavano il diniego di permesso di costruire in relazione al cambio di destinazione in luogo di culto e la richiesta di individuare un’area per l’insediamento di un luogo di culto. Respinto per ragioni connesse alla carenza di parcheggi un terzo ricorso con cui si chiedeva al Comune il cambio di destinazione a centro culturale.
«Le sentenze ribadiscono la centralità delle pronunce della Corte Costituzionale sul tema dei diritti fondamentali in merito alla libertà di culto – spiega Vincenzo Latorraca, legale dell’associazione – Annullando il diniego al permesso di costruire un luogo di culto, il Tar ha riconosciuto che è possibile esercitare in via Milano uno dei diritti fondamentali della nostra Costituzione. Inoltre riconosce che non vi sono ostacoli nella pianificazione urbanistica canturina che impediscano un luogo di culto dato che il piano di governo del territorio lo prevedeva».
L’associazione si riserva di ricorrere al parere negativo del Tar sul terzo ricorso. «Sarebbe bastato individuare aree di sosta in comparti contigui» dice Latorraca.
I vertici del sodalizio islamico si dicono disposti al dialogo con il Comune: «Non facciamo niente di male, quel luogo è anche un punto di riferimento sociale per molte comunità oltre la nostra e ringraziamo la giustizia italiana che ci permette di pregare», dicono.
Netta la replica del sindaco di Cantù Alice Galbiati. «Con la pandemia in atto non è nostra priorità il caso via Milano – dice – Riservandoci di ricorrere, ci atteniamo alla lettera del parere del Tar rimanendo obiettivi: non pone la parola fine a una vicenda che dura da sei anni e si trascinerà ancora parecchio. Il tribunale regionale di fatto lascia aperti gli scenari e ci impone solo di rivalutare il tutto alla luce della pianificazione urbanistica, nient’altro».