Sei studenti comaschi su cento non hanno ancora dispositivi o connessioni adatte alla didattica a distanza. Quasi nove studenti su dieci non hanno effettuato in presenza le lezioni di laboratorio, che in teoria avrebbero dovuto essere garantite anche durante la zona rossa. Otto studenti su dieci pensano che la didattica a distanza non sia formativa come le lezioni tradizionali. E uno studente su due ha viaggiato su mezzi sovraffollati.
Sono i risultati di un’indagine condotta dall’Unione degli Studenti della provincia di Como, che ha ottenuto circa 1.500 risposte.
I rappresentanti degli studenti comaschi hanno scritto alle istituzioni, in primis al prefetto Andrea Polichetti, poi a vertici di Provincia e principali Comuni lariani, chiedendo di essere coinvolti nelle consultazioni sull’organizzazione delle lezioni e dei trasporti pubblici per il rientro tra i banchi del 7 gennaio. Consultazioni che, com’è noto, hanno portato nei giorni scorsi alla decisione di scaglionare gli ingressi dalle 8 alle 10 e le uscite dalle 13 alle 15.
“In vista di un rientro a scuola in sicurezza sarebbe opportuno potenziare nel breve termine i trasporti delle linee che lo necessitano e, se necessario, coinvolgendo agenzie private come soluzione emergenziale – si legge nella lettera inviata alle istituzioni – La soluzione dell’ingresso alle 10 non è sufficiente perché lascia gli studenti in secondo piano, con una giornata brevissima senza un’adeguata possibilità di studiare e di svolgere altre attività”, aggiungono i ragazzi, che chiedono sui trasporti anche soluzioni strutturali a lungo termine e tariffe più abbordabili, che non penalizzino chi abita lontano dalla scuola.
La didattica a distanza, conclude l’Unione degli Studenti di Como, deve essere considerata “ultima risorsa”, prediligendo invece la didattica in presenza. Al tempo stesso “è fondamentale garantire a tutti gli studenti dispositivi e connessione”, per non lasciare nessuno indietro.
L’Unione degli Studenti reputa infine “fondamentale”, nel breve termine, “trovare luoghi dove fare didattica in presenza qualora non fossero sufficienti gli spazi offerti dagli edifici scolastici come ad esempio biblioteche, sale di uffici pubblici, musei chiusi ma anche edifici pubblici inutilizzati”.