Il governo vuole fermare lo sci, mentre le Regioni alpine chiedono di poter riaprire gli impianti di risalita e approvano le linee guida anti Covid, che prevedono anche il contingentamento degli ingressi sulle piste.
“Tenere chiusi gli impianti sciistici vuol dire fare fallire l’economia della montagna”, è l’immediata reazione di Davide Caparini e Massimo Sertori, rispettivamente assessore al Bilancio e alla Montagna della Regione Lombardia, che sottolineano: “Mentre a Natale si scierà in Svizzera, in Austria e in Francia da questa parte delle Alpi dovrà essere tutto chiuso”.
“Al momento è ancora tutto in forse, ci auguriamo si trovi una soluzione per poter riaprire”, commenta Valeriano Giacomelli, amministratore delegato di Bormio Ski, che spiega: “Perdendo il periodo natalizio si perde una gran fetta di mercato: avevamo programmato l‘apertura il 28 novembre, saltata, così come l’Immacolata. Gli impianti –sottolinea Giacomelli- sono a capo di una filiera che vale 7, 10 volte l’introito delle skiaree, dagli alberghi, alla ristorazione: fermare lo sci –conclude l’amministratore delegato valtellinese- significa bloccare l’economia di montagna. Noi siamo pronti a rispettare il protocollo, il problema sono i tempi: stiamo innevando le piste, viste le gare in programma tra cui la coppa del mondo di Bormio, con la speranza che ci permettano di lavorare”.
Della stessa opinione Marco Garbin, direttore della Skiarea Valchiavenna: “L’innevamento artificiale, i collaudi e le manutenzioni sono completati, siamo in grado di rispettare le linee guida ed ora aspettiamo solo l’ok da parte dello Stato. Pensavamo di dare il via alla stagione il 19-20 dicembre, ma ora il nuovo decreto potrebbe tenerci fermi fino al 4 gennaio, è un momento di notevole incertezza –conclude Garbin- per noi sarebbe un grave danno”.