“Oggi gli Imam in carcere vengono eletti dai detenuti e tra i detenuti. Secondo noi invece questa figura deve arrivare dall’esterno, e deve essere accreditata dal ministero”.
E’ la richiesta di Giovanni Savignano, responsabile per Como e Varese della Fns Cisl, la sigla che rappresenta i lavoratori della sicurezza.
Il tema della radicalizzazione islamica è di stretta attualità, dopo la notizia dell’espulsione di un tunisino 47enne ritenuto troppo vicino alle posizioni dell’Islam radicale. L’uomo era evaso nel 2017 dai domiciliari a Brescia ed era stato rintracciato in Svizzera nell’ottobre del 2019 con false generalità. Era quindi stato portato nel carcere di Como, dove – scrive il Viminale – “è stato sottoposto ad attento monitoraggio carcerario per le sue esternazioni volte all’istigazione dell’odio razziale e interreligioso”.
“Il sistema italiano si è mosso in anticipo rispetto ad altri Paesi – spiega Savignano – e da tempo ormai monitoriamo questi fenomeni. Contiamo però che una casa circondariale come il Bassone di Como ha circa il 70% dei detenuti extracomunitari, dei quali molti sono di fede islamica. Perciò il controllo non è sempre semplice, anche per una barriera linguistica. All’interno delle carceri si trovano soggetti più fragili dal punto di vista sia psicologico sia economico, che sono quindi più facilmente influenzabili o malleabili. Terreno fertile per il proselitismo.
La sensibilità e l’esperienza degli agenti di polizia penitenziaria permettono di percepire atteggiamenti sospetti, movimenti da controllare. Ma non è sufficiente – conclude Savignano – oggi infatti gli imam vengono eletti dai detenuti tra i detenuti. Noi chiediamo invece che l’imam arrivi dall’esterno del carcere e sia accreditato dal ministero, per garantire quanto possibile trasparenza e sicurezza”.