Sono trascorsi esattamente due anni dalla sentenza (poi annullata in Appello) con la quale il Tribunale di Como decretava il fallimento del Casinò di Campione d’Italia.
Fino a qualche tempo fa nessuno si sarebbe sognato di scommettere sulla chiusura di una simile corazzata. E invece, dall’estate 2018 la casa da gioco sulle rive del lago di Lugano non funziona più.
Le roulette si sono fermate. Un effetto domino che ha travolto Comune e cittadini di Campione: l’intera comunità campionese, enclave italiana in Svizzera, si poggiava sul casinò.
In due anni – al netto di relazioni, proposte, riunioni, appelli e promesse – non si è ancora trovata la soluzione politica per riaccendere le luci del casinò e ridare vita al paese.
“Campione ora rischia di diventare come Consonno: un paese fantasma – commenta Vincenzo Falanga della Uil Funzione Pubblica, il sindacalista che dal 2018 segue passo passo le sorti della vicenda – due anni sono davvero troppi per dare una risposta, anche al netto della pandemia. Un comune italiano non può essere abbandonato in questo modo. La relazione Bruschi conteneva le possibili soluzioni per la riapertura, ma ci vuole impegno politico ed economico. Manca purtroppo la forza politica di assumere scelte magari anche impopolari, ma necessarie per non lasciar morire Campione d’Italia”.