Chiude da oggi il dormitorio temporaneo organizzato al Centro pastorale Cardinal Ferrari, ovvero gli spazi dell’“Emergenza Freddo” gestiti dalla Caritas. Ne consegue che le circa 60 persone ospitate fino ad oggi, da stasera rimarranno senza un tetto sopra la testa. Nei giorni scorsi i senza fissa dimora si sono recati anche in Comune a Como per chiedere di non essere abbandonati.
“Qualcuno di loro avrà trovato un’alternativa da qualche amico o conoscente – spiega il direttore della Caritas, Roberto Bernasconi – Altri purtroppo no. Noi ci fermiamo qui, ognuno deve fare la sua parte. Ci siamo sentiti accusati di esserci tirati indietro, ma in questi ultimi mesi di lockdown siamo stati gli unici a garantire tutti i servizi e a rischiare la nostra incolumità”. Gli spazi dell’Emergenza freddo, infatti, in genere chiudono alla fine della stagione invernale, ma quest’anno, vista la situazione sanitaria, la Caritas ha deciso di prolungare l’apertura del centro. «Ora inizia a fare caldo – dice Bernasconi – e ospitare le persone sotto a dei tendoni non è opportuno neanche dal punto di vista igienico”. Mentre il Comune sta cercando un altro ente per proseguire l’attività, più parti politiche tornano a chiedere di individuare una sede per un dormitorio permanente in città e una strategia a lungo termine per il reinserimento in società. «Non possiamo illudere queste persone che possano vivere per sempre in un centro di accoglienza – spiega Bernasconi – Serve un cammino serio di accompagnamento per far capire a qualcuno di loro che deve rivedere le sue scelte e riqualificare la sua vita. Qui abbiamo ospitato anche malati psichici, persone molto anziane o con gravi patologie di cui nessuno ha voluto interessarsi. E’ necessaria una rete più ampia».
Sull’individuazione di un dormitorio permanente, il direttore della Caritas è scettico. «Significherebbe tornare a “parcheggiare” lì queste persone, che invece vanno aiutate a riprendere in mano la loro vita – spiega – Una parte della nostra società è sempre più formata da senza fissa dimora o da persone che non reggono la competitività della realtà che li circonda. Dobbiamo tutti interrogarci su questo».