Un messaggio breve ma pure molto chiaro, postato su Facebook: «Importante, ora si può. Tamponi per la diagnosi del coronavirus per bambini che devono essere curati da nonni o baby-sitter. Il pediatra può richiedere il test, anche se i bambini sono asintomatici e in assenza di contatti a rischio. Per Como, ricevuta la richiesta del pediatra di base, verranno eseguiti nella sede Ats di via Castelnuovo 1».
Roberta Marzorati, pediatra di base con un passato di consigliera comunale, si è fatta carico di dare la notizia che molte famiglie
stavano aspettando. Nella Fase 2, con le mamme e i papà che tornano al lavoro, la cura dei figli rimasti senza scuola è diventata più complessa. I nonni sono una soluzione possibile, ma purtroppo anche rischiosa.
«I bambini, nel contesto del contagio familiare, hanno sintomi meno importanti o sono addirittura asintomatici – spiega Marzorati – questi stessi bambini possono quindi avere il virus senza saperlo ed essere fonte potenziale di contagio». Il tampone può servire e, anzi, essere determinante, per «mettere al sicuro soprattutto i nonni chiamati a fare da baby sitter».
Quei nonni che, al contrario dei nipoti, restano invece tra i soggetti più a rischio. Di qui la decisione della Regione di dare l’ok alle diagnosi dei bambini nelle famiglie costrette, dalla fase 2, a tornare alla “normalità” e per questo obbligate a trovare una soluzione per la cura dei più piccoli in orario di lavoro. «Per avere il tampone si dovrà fare la domanda attraverso il pediatra – dice ancora Marzorati – l’augurio è che tra la richiesta e il prelievo passino pochissimi giorni».