Escluse dalle riaperture permesse dal Governo dal 14 aprile, le aziende che operano nella manifattura della moda italiana, non sono comprese tra le filiere considerate strategiche per la ripresa.
Orgoglio del Made in Italy, il comparto, comunica Cna – la confederazione nazionale dell’artigianato- comprende 80.000 imprese che occupano circa 1 milione di persone per un fatturato che si aggira sui 90 miliardi di euro, un settore che lega buona parte del successo alla sua capacità di penetrare nei mercati internazionali con il 72,2% del proprio fatturato.
250 le aziende associate in provincia di Como, una decina di queste attività ha riconvertito la sua produzione per la realizzazione di mascherine ad uso civile, con materiali e tessuti certificati per uso protettivo dai laboratori predisposti.
“Non far ripartire le filiere del tessile, abbigliamento, pelletteria e calzature significa condannare alla chiusura migliaia di imprese che hanno in portafoglio ordini per la stagione autunno-inverno 2020/2021 che non potranno soddisfare, perdendo clienti e mercati faticosamente conquistati e rischiando di essere così estromesse delle catene globali del valore”, dichiara Marco Landi, Presidente Nazionale CNA Federmoda. Allarme che a Como viene rilanciato dalla sede territoriale dell’associazione, da Enzo Fantinato, “Purtroppo anche nel nostro territorio il comparto della moda e del tessile è gravemente colpito, la stagione è chiusa e inevitabilmente compromessa, ora, oltre ai proclami, auspichiamo in misure economiche concrete. Ci auguriamo –continua Fantinato- che il Governo, con l’appoggio delle associazioni imprenditoriali, stili un protocollo sanitario uguale per tutti che permetta la riapertura di tutte le aziende, che ad oggi sono al collasso”.