La pressione politica e, molto più probabilmente, la consapevolezza di un’emergenza che rischia di diventare ingestibile hanno convinto le autorità federali svizzere a inasprire, da oggi, le verifiche alle dogane con l’Italia.
E sempre oggi, in una conferenza stampa convocata al valico di Chiasso, sono state illustrate le novità. A partire dai controlli sistematici alla frontiera, con il fermo di ogni auto e il transito consentito soltanto alle persone munite di permesso di soggiorno o di lavoro.
Traffico di transito e trasporto merci sono esclusi da queste regole.
Di fatto, le guardie di confine potranno decidere il respingimento alla frontiera. E i numeri dicono che l’operatività di queste regole è stata immediata, tanto è vero che attorno alle 13 erano già poco meno di 300 le auto rispedite in Italia.
Altro dato interessante, e comunicato in conferenza stampa, è quello relativo alla diminuzione dei passaggi. Secondo l’Amministrazione federale delle dogane, da fine febbraio a oggi i frontalieri che attraversano ogni giorno la frontiera sono passati da 69mila a circa 28mila. Un segnale, quest’ultimo, difficile da decifrare. Sicuramente, anche le imprese ticinesi si sono attrezzate con il telelavoro, riducendo fin dove possibile la presenza dei dipendenti in azienda. Ma è anche vero che molti frontalieri sono stati costretti a fermarsi in Ticino.
Le misure introdotte dal governo svizzero, ha detto il direttore dell’Amministrazione federale delle dogane Christian Bock in conferenza stampa, sono «lo specchio delle disposizioni italiane. Gli svizzeri possono tornare in qualsiasi momento in Patria, i frontalieri possono attraversare il confine, a patto di avere il permesso necessario. Mentre è possibile transitare attraverso il territorio della Confederazione, da Sud a Nord così come da Nord a Sud, senza però fermarsi, per raggiungere altri Paesi europei».