L’associazione culturale Assalam di Cantù tende una mano al Comune. L’idea è quella di incontrare il sindaco Alice Galbiati per confrontarsi sul futuro del capannone di via Milano. «Noi siamo pronti a far cessare ogni ricorso pendente sull’utilizzo della struttura a patto che ci venga riconosciuta la possibilità di usare l’associazione anche, e dunque non in maniera prevalente, per l’attività di culto», dicono i rappresentanti dell’associazione e l’avvocato Vincenzo Latorraca che si occupa della parte legale. Ma dal Comune di Cantù non si annunciano segnali di distensione, anzi. Andando con ordine va detto che la proposta arriva a breve distanza dalla recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha bocciato le normative della regione Lombardia sulla localizzazione dei luoghi di culto, riaprendo di fatto le porte della moschea di Cantù. Il Pgt infatti prevede che in quell’area possa essere insediata un’attività di culto. A cambiare le carte in tavola era intervenuta proprio la legge lombarda, spazzata via dalla Consulta. La struttura è da tempo al centro di un braccio di ferro, a suon di ordinanza e procedimenti giudiziari, tra il Comune, deciso a impedire la preghiera agli islamici e la comunità di fedeli musulmani che fa riferimento ad Assalam. «Nostra convinzione è che anche l’ulteriore intervento del Consiglio di Stato (annunciato per ottobre), con ogni probabilità confermerebbe quanto detto dalla Corte Costituzionale dandoci ragione – spiega l’avvocato Latorraca – Nostra intenzione è risparmiare tempo, spese legali a tutti e arrivare a un’intesa con il Comune, cosa fattibile e per la quale ho depositato un’istanza». Ma non sono gli aspetti tecnici a impensierire l’amministrazione che già nelle scorse settimane era entrata in rotta di collisione per la decisione di far partire la Marcia della Pace proprio dal cento culturale islamico di Cantù. «Innanzitutto non ho ricevuto alcuna richiesta di incontro dall’associazione – interviene il sindaco di Cantù, Alice Galbiati – Inoltre rimaniamo fermi sulle nostre convinzioni e sull’impossibilità di trasformarla in una moschea anche solo in certi momenti e attendiamo – aggiunge – nonostante le loro convinzioni, la decisione del Consiglio di Stato, poi decideremo cosa fare».