Richieste di patteggiamento e nuovi interrogatori. Ulteriori sviluppi nell’inchiesta della procura di Como sul cosiddetto “sistema Pennestrì”, con le presunte mazzette al funzionario dell’Agenzia delle Entrate per agevolare le pratiche fiscali.
A distanza di alcuni mesi dall’operazione della guardia di finanza di Como, coordinata dal pubblico ministero Pasquale Addesso, anche l’unico indagato che era rimasto in silenzio, l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Roberto Leoni, ha chiesto di poter essere sentito dal magistrato.
L’inchiesta ruota attorno allo studio dei commercialisti Antonio e Stefano Pennestrì, ritenuti gli ideatori del sistema illecito. Per l’accusa, i noti professionisti tenevano i rapporti con l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate e con un altro funzionario per sistemare i conti che non tornavano. Leoni era sempre rimasto in silenzio fin dal giorno del suo arresto, nel giugno scorso. Ora, anche l’ex dirigente dell’ufficio di Como ha presentato istanza per poter essere sentito dal pubblico ministero. L’interrogatorio si è tenuto ieri nel carcere di Busto Arsizio. Per dieci ore, Leoni ha risposto al magistrato. I verbali sono stati secretati.
Nell’ambito della stessa inchiesta è stata notificata anche un’informazione di garanzia all’ex presidente della Camera di Commercio e degli Industriali della provincia di Como, Ambrogio Taborelli, e al fratello Mario Alberto, già parlamentare di Forza Italia, noti imprenditori tessili lariani. Di loro aveva parlato proprio Antonio Pennestrì in una intercettazione, riferendosi al suo “sistema” per sistemare le pendenze con l’Agenzia delle Entrate. I due fratelli, nelle scorse ore hanno presentato un’istanza per chiedere il patteggiamento entro il limite della sospensione della pena, quantificato in un anno e 10 mesi. Sul piatto dell’accordo con l’accusa – che sarebbe già stato raggiunto, e attenderebbe solo la ratifica del giudice delle indagini preliminari – sarebbe stato messo un risarcimento di 60mila euro.