La vicenda dei comaschi coinvolti, loro malgrado, nello scandalo del forno crematorio di Biella, è ancor più difficile da accettare se si pensa che attualmente il forno crematorio di Como, chiuso, potrebbe invece essere utilizzato. La situazione si trascina ormai da anni e vede un impianto bloccato, dopo anni di funzionamento a singhiozzo, per un ricorso al Tar piombato sulla scrivania dell’assessore competente, Francesco Pettignano, alcun mesi fa.
A presentarlo una società che non ha potuto prendere parte al bando di gestione del forno a causa delle caratteristiche stesse della gara. Un atto che però di fatto ha bloccato la ripresa dell’attività a un passo da quella che sembrava ormai essere la soluzione dei problemi. Alla vigilia dell’apertura dell’unica busta per la gestione della struttura – nello scorso maggio – c’era infatti già un intoppo, ovvero il ricorso di cui si è detto. Risultato, in attesa della decisione del tribunale amministrativo nulla può essere fatto.
E ancora oggi, a distanza di mesi, consultando il sito del Tar Lombardia non è stata ancora presa alcuna decisione in merito.
Si tratta di un disservizio non da poco, cui si va incontro peraltro in un momento di fragilità e dolore per la perdita di un proprio caro. Procedere alla cremazione di un congiunto in uno dei forni più vicini a Como incide anche economicamente sulla spesa di un funerale.
Si deve infatti pensare al trasporto e alla tassa di cremazione. Chi opta per questa procedura è costretto a peregrinare per le altre province lombarde o ad andare in Ticino.