Ruota attorno all’impianto di recupero dei materiali di scarto di Como, in località La Guzza, l’indagine su un vasto traffico illecito di rifiuti sfociata questa mattina nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di undici persone, 2 in carcere e 9 ai domiciliari. Per l’accusa, gli indagati riempivano di rifiuti alcuni capannoni nel Nord Italia, compreso il capoluogo lariano e ne seppellivano altri in una cava dismessa in Calabria.
I destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare sono tutti attivi nel settore dello stoccaggio, trasporto e smaltimento dei rifiuti. Il provvedimento è stato eseguito dai Carabinieri Forestali. Le indagini, dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, sono il seguito dell’operazione “Fire Starter” che nell’ottobre del 2018 aveva portato all’arresto di 6 persone accusate del traffico di rifiuti e del rogo di un capannone in provincia di Pavia.
Il principale indagato, definito “il dominus del sodalizio”, è Angelo Romanello, 35 anni originario di Reggio Calabria, arrestato nella sua abitazione di Erba. In carcere anche Maurizio Bova, 41 anni, anche lui di origine calabrese. Gli altri 9 indagati hanno ottenuto i domiciliari.
L’impianto in località La Guzza era stato sequestrato dagli agenti della polizia locale di Como nel mese di marzo dello scorso anno perché era stata riscontrata la presenza di quantitativi di rifiuti ben superiori a quelli autorizzati, 11-12mila metri cubi rispetto ai 4mila consentiti. Il comportamento illecito, per gli inquirenti sarebbe proseguito anche dopo e la società che gestisce l’impianto viene indicata nell’ambito della nuova operazione come “luogo di snodo primario dei rifiuti falsamente recuperati e poi destinati presso terzi impianti di gestione o più spesso presso altri siti abusivi o peggio ancora presso discariche abusive nel Sud Italia per essere interrati”.
Complessivamente, nel corso dell’indagine, sono state sequestrate 14mila tonnellate di rifiuti, che solo nel 2018 “hanno fruttato 1 milione e 400 mila euro”.