Tre mesi dopo il clamoroso arresto del 25 giugno scorso, hanno ottenuto gli arresti domiciliari con l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico i commercialisti Antonio e Stefano Pennestrì, padre e figlio, coinvolti nella maxi inchiesta della procura di Como per un presunto giro di mazzette all’Agenzie delle Entrate.
La decisione è stata presa nelle scorse ore dal giudice Carlo Cecchetti, che ha valutato l’istanza presentata del legale difensore dei due professionisti, l’avvocato comasco Giuseppe Botta. La scarcerazione dei due dovrebbe avvenire a breve. I tempi sono dettati dalle formalità pratiche e burocratiche legate all’imposizione del braccialetto elettronico. Antonio sconterà i domiciliari nella sua abitazione di Como, il figlio Stefano a Cernobbio.
La nuova richiesta di un alleggerimento della misura cautelare, con il passaggio dal carcere ai domiciliari, è stata presentata dal legale difensore dei due indagati dopo che è stata messa nero su bianco la richiesta di patteggiamento.
L’accordo è stato raggiunto sulla pena di 4 anni e 6 mesi per Antonio e 3 anni per Stefano Pennestrì. Nell’istanza è stato inserito anche un risarcimento del danno quantificato in 55 mila euro ciascuno, per un totale di 110 mila euro.
Ai due commercialisti sarebbero contestati nove capi di imputazione. I reati vanno dalla corruzione alla rivelazione del segreto d’ufficio alla frode fiscale.
La vicenda è legata a un presunto giro di mazzette ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Como e gli arresti erano stati cinque. Nelle settimane successive all’arresto, i due professionisti avevano deciso di farsi interrogare dal pubblico ministero titolare dell’Inchiesta, il magistrato Pasquale Addesso. L’inchiesta sembra comunque destinata a proseguire. Per l’accusa, a Como esisteva un vero e proprio “Sistema Pennestrì”, che prevedeva la soluzione di problemi legati al fisco grazie alla presunta compiacenza dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate e al pagamento di tangenti.