“Fiducia”, nell’operato della magistratura vaticana e italiana, e “paterna solidarietà verso tutti i soggetti coinvolti, a partire da coloro che hanno raccontato non senza fatica le loro esperienze”.
E’ il commento della Diocesi di Como ai recenti fatti di cronaca: la richiesta di rinvio a giudizio da parte della magistratura vaticana nei confronti di due sacerdoti della diocesi lariana, il comasco don Gabriele Martinelli, con l’accusa di abusi sessuali, e don Enrico Radice, con l’accusa di favoreggiamento.
All’epoca dei fatti contestati Radice era rettore del preseminario San Pio X di Roma, dove si sarebbero consumati gli abusi sessuali.
Episodi sui quali è stata la Diocesi di Como, su delegazione della Santa Sede, a indagare.
“All’epoca dei presunti fatti Gabriele Martinelli frequentava il Preseminario San Pio X in Vaticano e non aveva ancora presentato la richiesta di ammissione agli Ordini Sacri – spiega la diocesi – I presunti fatti furono segnalati nel 2013 e ritenuti infondati nel 2014 dalle autorità ecclesiastiche che espletarono gli accertamenti in merito.
Quando fu ordinato diacono il 29 novembre 2016 e presbitero il 10 giugno 2017, tutte le valutazioni sulla personalità dell’ordinando erano positive”.
Poi, anni dopo, un’inchiesta giornalistica ha riportato alla luce i fatti.
“Quando nel novembre del 2017 sono emersi nuovi elementi – spiega ancora la curia lariana- la Diocesi di Como è stata delegata dalla Santa Sede a espletare un’indagine previa”. Sono quindi emersi “nuovi elementi probatori” e l’indagine si è conclusa nel maggio del 2018. Il resto è cronaca delle ultime ore.
Resta da capire l’attuale ruolo dei due sacerdoti coinvolti nel caso: “Sin dall’emersione dei nuovi rilievi – precisa la Diocesi – in via cautelativa don Gabriele Martinelli era stato limitato nell’esercizio del ministero e sospeso dallo svolgimento di attività pastorali coinvolgenti minori e adulti vulnerabili, provvedimento che resta in vigore. Misure analoghe sono state assunte nei confronti di don Enrico Radice”.