Un intervistato su due ha già preso in considerazione l’idea di andare a vivere in Italia per diminuire le spese. Uno su tre sta pensando di trasferirsi mantenendo il lavoro in Svizzera.
Frontalieri al contrario per risparmiare. Sempre più ticinesi scelgono di traslocare nel Belpaese per far quadrare i conti alla fine del mese. Su questo fenomeno sociale cerca di fare chiarezza il sondaggio dell’associazione Ticino e Lavoro che alla luce di 3.900 risposte raccolte delinea un quadro preciso sul mondo del lavoro e sulla percezione di insicurezza nei confronti del futuro. Un campione non statistico ma sicuramente rappresentativo di un malessere costante nel Cantone di lingua italiana, in particolare tra i giovani. Si parte, infatti, da un dato molto chiaro: la metà degli intervistati dichiara di essere sottopagata.
Quindi i quesiti legati alla possibilità di trasferirsi. Alla precisa domanda “Hai già preso in considerazione l’idea di andare a vivere in Italia per diminuire i costi e avere meno spese” il 63,4% delle risposte è stato Sì. Quindi ben più della metà degli intervistati.

Alla domanda successiva “Sei Ticinese e sei andato a vivere in Italia, mantenendo il lavoro in Svizzera?”: risposta affermativa per il 3,4% del campione, il 4% si sta organizzando per farlo mentre il 31,2% (quindi una persona su tre) ci sta pensando.

Una decisione difficile da prendere ma per molti, come detto, dettata strettamente da fattori economici. All’interno dello stesso sondaggio, infatti, il 44,6% ha dichiarato di non riuscire a vivere dignitosamente in Ticino con il proprio stipendio. Più del 70% degli intervistati ha spiegato di non riuscire a risparmiare qualcosa a fine mese dopo aver pagato tutte le spese.
Facilitare l’accesso ai crediti ipotecari e di sostenibilità, sgravi fiscali per i cittadini del ceto medio, sostegno alle famiglie sono soltanto alcune delle proposte avanzate dall’associazione Ticino e Lavoro ai politici del Cantone, mentre, stringendo l’obiettivo sul mercato del lavoro, si torna a chiedere la reintroduzione di un tetto massimo di manodopera estera in percentuale sul numero di dipendenti di ogni singola azienda oltre a incentivi per chi assume personale disoccupato.