«Si discute se e come salvare Roma e molte altre città dal fallimento. Si decida di farlo anche con Campione d’Italia».
Il segretario generale della Uil Funzione pubblica di Como, Vincenzo Falanga, lancia quella che egli stesso definisce una «classica provocazione».
Lo Stato, dice, «che ha dimenticato del tutto il piccolo paese comasco sulle rive del Ceresio, dimostri ora di saper prendere una decisione a favore dei suoi dipendenti. E non faccia differenza tra Comuni di serie A e Comuni di serie B».
Domani è in calendario il voto sul decreto crescita che dovrebbe comprendere anche le norme sulla rimodulazione dei debiti della capitale. «Roma non è paragonabile a Campione, è ovvio – dice Falanga – e in questo momento fa gola a tutti perché è diventata un caso politico-elettorale. Ma qui ci sono decine di persone che lavorano senza prendere lo stipendio da 12 mesi. È ora di intervenire. Nel decreto si mettano i soldi anche per l’enclave».
Nei giorni scorsi, i dipendenti hanno messo in mora il Comune e se nei prossimi 60 giorni non dovesse succedere niente, si arriverà ai decreti ingiuntivi e al pignoramento delle proprietà pubbliche. Nelle ultime due settimane altri due impiegati si sono dimessi, mentre un terzo ha accettato la mobilità. Dall’inizio della crisi salgono così a 17 le persone che hanno abbandonato il Comune. Ciononostante, rimangono in pianta organica tuttora 85 persone, oltre un terzo delle quali ha la qualifica di controllore della casa da gioco. Una situazione paradossale, se si pensa che il Casinò è chiuso dal 27 luglio del 2018 e che tutti i suoi dipendenti sono stati licenziati dal primo gennaio di quest’anno.