Carabinieri a presidiare l’ingresso, agenti di polizia all’interno e scorta per il pubblico ministero. Aula blindata in tribunale a Como per la nuova udienza del processo sul presunto controllo della ‘ndrangheta su bar e locali di Cantù. La scorsa settimana, a palazzo di giustizia si erano verificate tensioni con i parenti degli imputati e il presidente del collegio Valeria Costi aveva sgomberato l’aula dopo applausi e cori da stadio.
Oggi dunque misure di sicurezza incrementate per consentire uno svolgimento regolare dell’udienza. Tra i testimoni è stato sentito un barista diventato dal 2015 uno dei soci della discoteca “Spazio”, finita al centro dell’inchiesta. «Gli episodi di violenza avvenivano soprattutto all’esterno del locale», ha detto, confermando poi che «a Cantù c’era una situazione di disagio, lo sapevano tutti». «Anche oggi la situazione non è tranquilla, ma almeno non si picchiano più a sangue… dopo gli arresti si è notata la differenza», ha aggiunto
Il socio della discoteca ha anche ricostruito la gambizzazione di un buttafuori, il nipote del boss della famiglia Muscatello. «Si mise a gridare, “andate via, andate via”… aveva capito che stava succedendo qualcosa. Io non vidi quello che accadde perché stavo scappando», ha raccontato. Una settimana prima all’interno della discoteca «era volato di tutto, tavolini, sedie e bicchieri». Episodi che per l’Antimafia erano collegati.
I gestori dei locali, come confermato anche nell’udienza di oggi, erano disposti ad accettare che alcuni dei clienti legati a questo ambiente non pagassero le consumazioni, con la logica di evitare problemi. Gli arresti sfociati nel processo in corso erano stati accolti in quest’ottica come una liberazione da alcuni degli esercenti. Sul banco degli imputati nel procedimento ci sono nove persone. Come previsto dalla riforma Orlando, gli imputati sono collegati in videoconferenza e non sono presenti in Tribunale a Como.