Schiaffi, botte e discussioni in piazza Garibaldi, nel cuore di Cantù. In aula in Tribunale a Como, nel processo con nove imputati per le presunte attività criminali di stampo ‘ndranghetista nella Città del Mobile ha parlato oggi un 22enne di Caslino d’Erba, l’unica parte civile nel procedimento della direzione distrettuale antimafia. Il giovane ha raccontato quanto accaduto nella notte tra il 9 e il 10 gennaio 2016. <Eravamo appena usciti dalla discoteca, volevamo mangiare un kebab e un amico entra nel locale per cercare una ragazza – racconta – Da fuori ho visto lo stavano prendendo a sberle. Sono entrato. Non ho fatto in tempo a dire nulla, hanno preso a sberle anche me>. Il 22enne si sarebbe poi allontanato, rifiutando l’offerta di una birra pacificatrice. <Sono stato inseguito da almeno cinque persone – prosegue il ragazzo – Mi hanno preso a pugni, schiaffi e calci. Hanno continuato anche quando sono caduto a terra>. Il 22enne ha terminato la serata in ospedale, con le costole fratturate e il rischio di perdere un occhio.
Gli imputati, collegati in videoconferenza, hanno dato una versione diversa. <C’è stata una discussione – ha detto uno degli accusati del pestaggio – proseguita fuori dal locale. Sono arrivate altre persone e sono finito a terra, mi hanno picchiato>. <Non capisco dove sia il metodo mafioso – gli ha fatto eco un altro – È stata una lite imprevista, partita per dei motivi banali>.
In aula anche l’ex titolare di un bar di piazza Garibaldi, che aveva poi venduto il locale. Nel rispondere alle domane ha usato molti <non ricordo>, con la presidente del Collegio che lo ha invitato a dire la verità. <Il clima non era bello, ma questo era solo uno dei motivi che mi portarono a cedere il bar>, ha detto oggi. <Una parte del gruppo dei calabresi non sempre pagava e io evitavo di chiedere i soldi per evitare problemi inutili – ha aggiunto – La cosa mi dava fastidio, ma non le interpretavo come estorsione>.