“Si avvicinano nubi minacciose che rischiano di fare ombra sulla nostra economia: si chiamano rallentamento e recessione. Ovvero l’opposto di quanto le premesse positive degli anni precedenti, dopo la crisi, facevano presagire”. Queste le parole di Fabio Porro, presidente di Unindustria Como, che commenta i risultati dell’analisi congiunturale rapida di novembre 2018 svolta dagli uffici studi di Unindustria Como e Confindustria Lecco e Sondrio. Sul Lario, la situazione appare in continuità con quella rilevata a settembre: gli indicatori di domanda, attività produttiva e fatturato risultano caratterizzati da una prevalenza di giudizi in diminuzione rispetto a quelli di crescita. Sul versante nazionale, gli ordini rallentano per oltre quattro imprese su dieci. Sul fronte dell’export si registra invece una situazione stabile per il 47,6% delle imprese. Anche l’attività produttiva è stabile per oltre un’azienda su due (55,5%), diminuisce per il 26,7%, mentre aumenta per il 17,8%. Tra gli indicatori considerati, quello associato al fatturato si rivela il più penalizzato: nel 45,5% dei casi è comunicata la diminuzione, nel 31,8% livelli stabili, mentre nel restante 22,7% un aumento. Per quanto riguarda le previsioni, circa un’azienda su due (48,9%) indica stabilità, il 42,2% segnala una diminuzione, mentre il restante 8,9% comunica una crescita. Il 44,4% delle imprese è inoltre costretto a far fronte a casi di insolvenza e di ritardo dei pagamenti da parte dei clienti. Il costo delle materie prime è in crescita secondo quasi un terzo del campione. Nonostante la congiuntura, l’andamento occupazionale si rivela stabile. “Dalla nostra indagine emerge un dato su tutti: – dice Porro – meno ordini e diminuzione di fatturato per quasi la metà delle imprese. Che tradotto significa: abbiamo smesso di crescere. Le cause, come sempre, sono più d’una. Il rallentamento dell’economia globale su tutte, unito alle forti incertezze interne del Governo. Abbiamo una convinzione: – conclude Porro – questi segnali non possono essere ignorati e sono il campanello di allarme che dovrebbe indurre ad adottare una politica fiscale che sostenga davvero la domanda attraverso tagli di imposte, premialità per investimenti, smettendola di inseguire un facile consenso attraverso provvedimenti che hanno impatto ridotto o nullo sulla crescita”.