L’autopsia, per ora, non ha risolto i dubbi degli investigatori e la morte di Mattia Mingarelli resta avvolta nel mistero. Il corpo del 30enne di Albavilla, in provincia di Como, è stato ritrovato lunedì in una scarpata in Valmalenco, in provincia di Sondrio.
“Il medico legale ha riscontrato fratture occipitali e orbitali compatibili sia con una caduta sia con un colpo causato da un corpo contundente”, ha spiegato al Corriere di Como il procuratore capo della Repubblica di Sondrio, Claudio Gittardi.
Questo significa che il giovane di Albavilla, cadendo nella scarpata, potrebbe aver sbattuto violentemente la testa contro una roccia liscia. Oppure che potrebbe essere stato colpito con un oggetto arrotondato, un bastone ad esempio. “Per sapere di più dovremo aspettare gli esami tossicologici e del Dna”, ha aggiunto il procuratore. Ci vorrà tempo ma serviranno a stabilire l’eventuale presenza nel sangue della vittima di alcool o droghe e le possibili tracce organiche lasciate da qualcun altro. Certo è, aggiunge il magistrato, che “non ci sono segni esterni evidenti”, sebbene a una domanda specifica Gittardi non abbia voluto confermare l’assenza di tracce di lotta oppure di difesa sulle braccia o sul corpo del giovane. Il procuratore ha confermato poi un altro elemento importante: i suoi uomini stanno verificando “se, come e quando la zona in cui è stato scoperto il cadavere di Mingarelli sia stata effettivamente battuta” nei giorni scorsi dalle squadre di soccorritori.
A lungo si è infatti insistito sull’anomalia del ritrovamento del corpo in una porzione di bosco più volte percorsa anche dai cani. In realtà, almeno stando a quanto detto da Gittardi, potrebbe anche essere possibile che la scarpata in cui era il corpo del 30enne di Albavilla non fosse stata controllata così come si è sempre detto. Il procuratore valtellinese ha infatti parlato di una zona “soltanto in parte battuta”.