La Cassazione ha deciso. Il processo per i gravi fatti di cronaca che hanno riguardato piazza Garibaldi a Cantù – violenze che per la pubblica accusa si basarono sull’intimidazione di stampo mafioso – rimarrà a Como. La decisione è stata comunicata alle parti nelle scorse ore.
L’udienza si era tenuta martedì scorso. A chiamare in causa i giudici romani era stato il presidente del Collegio giudicante, Luciano Storaci. Quest’ultimo aveva infatti evidenziato – a suo dire – un conflitto di competenza immediatamente girato alla Corte di Cassazione per essere risolto. Il processo, in attesa del pronunciamento della Cassazione, era comunque iniziato anche se ad oggi non è ancora stato sentito alcun testimone.
Si tornerà in aula il 15 gennaio prossimo. Il nodo della vicenda riguardava il reato ritenuto più grave tra l’estorsione aggravata oppure quello associativo. Nel secondo caso, i fascicoli sarebbero passati a Milano. È stata questa la valutazione che ha dovuto fare la Cassazione.
Le violenze finite al centro del processo sarebbero accadute in rapida successione tra il 10 ottobre 2015, quando venne gambizzato in strada il nipote del boss a capo della Locale di Mariano Comense e l’inizio di gennaio del 2016. In quel periodo, secondo l’accusa, in Brianza si arrivò ad un passo dalla guerra di mafia in pieno centro a Cantù.