E’ stata archiviata l’inchiesta della Procura di Como sul comasco di 62 anni che, nel settembre dello scorso anno, si era recato in una clinica svizzera per il suicidio assistito. L’amico che lo aveva accompagnato in auto fino a Chiasso, da dove poi l’ingegnere aveva proseguito da solo il viaggio, era stato indagato per istigazione al suicidio. Ipotesi di reato caduta perché il ruolo dell’uomo, che sembra non fosse informato sui propositi dell’amico, non avrebbe influito sulla scelta del 62enne, colpito da una grave forma di depressione, di togliersi la vita.
L’ingegnere, che abitava ad Albavilla, aveva annunciato in una lettera al Comune, fatta recapitare però solo dopo la sua morte, i motivi alla base della decisione di mettere fine alla sua vita. Il caso aveva fatto discutere e aveva avuto risalto a livello nazionale perché il comasco aveva deciso di ricorrere alla “dolce morte” pur non essendo affetto da patologie gravi o invalidanti, considerando appunto la depressione come motivo sufficiente alla scelta di mettere fine alla sua vita.
Il caso era esploso al momento del rientro in Italia dalla Svizzera della salma dell’ingegnere. La Procura di Como aveva aperto un’inchiesta per accertare eventuali comportamenti illeciti e disposto l’autopsia. L’amico del 62enne era stato iscritto nel registro degli indagati dal pubblico ministero Valentina Mondovì con l’ipotesi di istigazione al suicidio. Dopo poco più di un anno, lo stesso magistrato ha chiesto e ottenuto dal giudice per le indagini preliminari l’archiviazione. L’uomo non avrebbe influito in alcun modo sulla decisione dell’amico di mettere fine alla sua vita.