“Un capannone costruito per uso commerciale, industriale o artigianale non può essere utilizzato come un luogo di culto, dove entrano centinaia di persone in occasione delle feste religiose, con un rilevante impatto urbanistico sulla città”: è quanto si legge nella sentenza con cui il Tar della Lombardia ha confermato il provvedimento del Comune di Cantù con il quale, nel giugno dello scorso anno, l’amministrazione aveva ordinato all’associazione culturale Assalam di non servirsi più dell’edificio di via Milano come luogo di preghiera, anche in occasione del Ramadan. I giudici milanesi della seconda sezione del Tar, nel respingere il ricorso dell’associazione, spiegano che “il rilevante numero di persone che entra nell’immobile, in occasione delle feste religiose, rappresenta un utilizzo dei locali che, per la sua incidenza urbanistica ed edilizia, necessita del previo rilascio di un permesso di costruire specifico”. Per i giudici, inoltre, “la tesi dell’associazione, la quale sosteneva che non essendo vietata espressamente la destinazione a luogo di culto è implicitamente autorizzata, non può essere accolta”. Dopo che gli islamici, nonostante gli ammonimenti, avevano comunque continuato a pregare nel capannone, l’amministrazione della Città del Mobile aveva deciso di procedere per vie legali, arrivando alla decisione di togliere la proprietà dell’edificio all’associazione per farlo diventare patrimonio del Comune. I giudici, accogliendo una parte del ricorso dell’associazione, hanno invece annullato il provvedimento che aveva intimato “la consegna delle chiavi”. L’immobile, quindi, resta di proprietà degli islamici, che però non potranno più utilizzarlo come luogo di preghiera. Grande soddisfazione è stata espressa dai leghisti, che negli ultimi anni si sono battuti per questa causa. “Si tratta di una vittoria storica – ha detto il canturino sottosegretario all’Interno Nicola Molteni – Finalmente è stata ripristinata la legge e la legalità”.
Vincenzo Latorraca, avvocato dell’Associazione Assalam, commenta: “La nota positiva è che il ricorso contro le questioni poste dall’attuale amministrazione, con la richiesta di riconsegna delle chiavi e l’acquisizione dell’immobile tra i beni del Comune è stato accolto e quindi il capannone resta all’Associazione Assalam.
Per quanto riguarda il ricorso respinto, non ritengo corretta la decisione e presenteremo quasi certamente ricorso. Il Tar fa riferimento a un articolo (Articolo 31) che riguarda le opere difformi dal progetto autorizzato e quindi un eventuale abuso. In questo caso all’associazione non è stato contestato un abuso a livello di costruzione dell’opera ma dell’uso, che sarebbe difforme rispetto a quello al quale il capannone era destinato. Non si deve applicare quell’articolo, non c’è nulla da ripristinare. E’ probabile un ricorso in Appello su questo fronte, anche perché tutte le sentenze del Consiglio di Stato ci darebbero ragione. Non è stata contestata alcuna opera abusiva, solo i comportamenti vengono contestati”.