Ora l’Italia ha un governo. Un governo la cui formazione è stata tutt’altro che facile, e che deve ancora incassare la fiducia e che deve muoversi in un panorama politico molto delicato.
Ma un governo c’è, e i ministri dell’esecutivo giallo-verde troveranno sulle scrivanie almeno cinque questioni irrisolte targate “Como”.
Il tema migranti, innanzitutto. Nell’estate del 2016 Como si è trovata ad affrontare una vera e propria emergenza, con cinquecento stranieri accampati davanti alla stazione San Giovanni in condizioni disumane. Per affrontare quella situazione di emergenza, il governo in poche settimane aveva allestito in via Regina un centro di accoglienza: una struttura provvisoria che, nei fatti, è diventata definitiva. E il sindaco di Como, Mario Landriscina, ha detto che attende un governo per poter dialogare sul tema. Ora il governo c’è.
Secondo tema: la caserma De Cristoforis, o meglio, il centro documentale ed ex caserma dell’esercito. Un’enorme struttura in centro città che attende una riconversione o una nuova destinazione d’uso: ed essendo di proprietà della Difesa, dev’essere trattata dal governo.
Terzo capitolo, i frontalieri. Nel dicembre del 2015 Italia e Svizzera hanno “parafato” (siglato in gergo burocratico) un’intesa sulla tassazione dei frontalieri. Il nuovo regime di imposizione – che prevede che i frontalieri paghino il 70% delle tasse in Svizzera e il restante 30% in Italia – è lungi dall’essere in vigore: manca infatti la ratifica di governi e parlamenti italiano e svizzero. E su questo accordo, la Lega si è sempre detta contraria, ipotizzando il rischio di una stangata fiscale a carico dei frontalieri.
Almeno altre due questioni comasche necessitano poi di una risposta del governo: la realizzazione di un museo del Razionalismo a Palazzo Terragni, oggi sede della Guardia di Finanza, e il quadruplicamento della linea ferroviaria Chiasso-Monza.
Ora il governo c’è. Como aspetta risposte.
Egregio Sig.Bambace,in qualità di frontaliere,se l’accordo come dice lei,prevede che il lavoratore venga tassato il 70% in Svizzera e il 30% in Italia,stavamo qui a discutere di non firmarlo?La Svizzera non vuole più pagare i ristorni all’Italia,porta per questo il moltiplicatore per le imposte alla fonte dal 100% al 70% ma non manda più soldi in Italia che sull’imponibile del lavoratore,tolta ipotetica franchigia,detrazioni varie ancora da chiarire e valore del l’imposta alla fonte,applica le aliquote IRPEF.Ora si faccia due conti e vedrà che se va bene,un lavoratore perderà un paio di stipendi!!! Spero di averle chiarito di che sta parlando in modo errato.Saluti
Egregio signore,
lei dice che “un lavoratore perderà un paio di stipendi”. Noi abbiamo parlato di “stangata fiscale a carico dei forntalieri”. È lo stesso concetto espresso con parole diverse.
Saluti