<Sono stato anche in carcere, ma ancora oggi sono convinto che la scelta che abbiamo fatto è stata la migliore. Se fossimo andati avanti sulla nostra strada, il cantiere delle paratie del Lago di Como sarebbe già stato chiuso da un anno>.
Nel maxi processo per presunte irregolarità nella gestione del cantiere delle paratie, è stato il giorno di Pietro Gilardoni, ex dirigente del settore Reti del Comune di Como. Gilardoni ha respinto ogni accusa e si è difeso rispondendo per sei ore alle domande del pubblico ministero Pasquale Addesso.
L’accusa gli contesta diversi passaggi, dallo spacchettamento della perizia all’affidamento degli incarichi per portare a termine la grande opera incompiuta. L’ex dirigente ha risposto a tutte le domande, con accenni polemici alla Regione e a Infrastrutture Lombarde. «Ci lasciarono da soli, eppure sapevano tutto», ha detto. Appunti anche ad Anac. «Scrissi una lunga relazione con tutti gli errori che fecero – ha detto l’ex dirigente – Il sindaco mi disse che non avrei dovuto fare appunti ad Anac ma io quello che ho da dire lo dico».
Gilardoni ha difeso in toto il suo operato per la terza perizia di variante, quella che avrebbe dovuto essere risolutiva. «Gli incarichi all’esterno erano la soluzione migliore per la complessità della situazione. Era la decisione più ragionevole e meno costosa. Non fu imposta da nessuno. Anche la perizia era ottima e fu approvata da tutti senza una sola segnalazione. Mi sarebbe piaciuto vederla realizzata».
Amara la conclusione dell’ex dirigente. «Per curare la malattia si è ammazzato il malato e oggi vediamo tutti come siamo messi. Ormai nelle amministrazioni pubbliche c’è il terrore ad agire per la paura di risvolti giudiziari», ha concluso Pietro Gilardoni, che continuerà a rispondere alle domande del pubblico ministero anche nella prossima udienza.