“Caro sindaco di Erba, rinunci al mercato di Forte dei Marmi”.
L’appello, planato sulla scrivania di Veronica Airoldi, è firmato dalla Confesercenti Como, una delle associazioni che rappresentano i commercianti (e anche tanti ambulanti).
“Egregio signor sindaco – scrive Angelo Basilico, il direttore – la presente è per esprimerle il nostro disappunto per la sua decisione di ospitare il Mercato di Forte dei Marmi sulle vie cittadine nella prossima primavera. Le sarebbe sufficiente indagare sul web per scoprire che esistono almeno sei consorzi e/o associazioni di ambulanti fortemarmini che – scrive sempre Basilico – lo stesso sindaco della cittadina toscana, nel 2016, ha prontamente disconosciuto, annunciando iniziative per restituire il marchio alla propria piazza”.
Basilico parla poi testualmente di “concorrenza sleale”. “Il risultato netto di queste manifestazioni – aggiunge – è un impoverimento diffuso della piccola imprenditoria locale, già duramente colpita dalla crisi economica. A ragion veduta – conclude Confesercenti – le chiediamo di rinunciare al Mercato di Forte dei Marmi e aprire un canale di dialogo con esercenti locali e associazioni di categoria, convenendo con noi che soltanto investendo sul commercio cittadino, anziché in manifestazioni occasionali, la sua amministrazione saprà garantire la vivibilità del tessuto urbano, con grande soddisfazione per i commercianti e suoi cittadini”.
Beh, è sempre la solita storia.
Se a Milano avessero dato retta ai bottegai, non ci sarebbe alcuna linea della metro, non avrebbero pedonalizzato via Dante, lo stesso vale per Como, probabilmente le auto sfreccerebbero in via Vittorio Emanuele.
Non ci sarebbe stata la grande distribuzione; avremmo ancora il negozietto di quartiere che ti vendeva il prosciutto a peso d’oro, e pure la carta che lo avvolgeva.
Non da oggi, noto che i commercianti siano portatori di una mentalità passatista, perché a loro la concorrenza non sta bene, mentre magari i loro dipendenti devono accettare condizioni di lavoro penalizzanti, perché, se no, si assume un altro.
Il solito doppio registro.