Saranno i giudici della Corte dei Conti a decidere se la chiusura da un anno e mezzo del forno crematorio di Como, e le continue spese per tentare di rattoppare l’impianto, sia da considerarsi un danno per l’erario o un inutile spreco di danaro pubblico.
A chiedere che sia la magistratura contabile a fare luce su una vicenda ormai veramente surreale è il Codacons Lombardia, l’associazione che tutela i consumatori e che è passato all’azione dopo le ultime rivelazioni.
Nel mirino del Codacons – e determinante per la decisione di ricorrere all’esposto – l’ennesimo prelievo dai fondi pubblici che Palazzo Cernezzi dovrà effetturare per concludere i lavori di parziale ripristino del forno. Un intervento meramente tampone, a dire il vero, per cui l’amministrazione aveva già previsto 80mila. Ma come sovente accade, ora a quella somma si dovranno aggiungere altri 14 mila euro per la più classica delle varianti in corso d’opera. Cifra non enorme in sé, ovviamente, ma che il Comune si vede costretto a sborsare per una ragione paradossale: l’ammaloramento di una serie di strutture e impianti è stato causato proprio dal fermo stesso dell’impianto, risalente addirittura al 4 giugno 2016.
L’ulteriore aggravante è che per gran parte di questo periodo di inattività, Palazzo Cernezzi non ha più nemmeno avuto personale per le manutenzioni: da qui, il peggioramento della situazione.
A tutto questo va aggiunto anche il mancato incasso comunale per le cremazioni non effettuate da giugno 2016 a oggi. E che continueranno a non essere svolte almeno fino a fine anno.