“Assolti per non aver commesso il fatto”. Si è chiuso così stamani in tribunale a Como il processo a carico dei due imputati per la morte della sub 35enne Paola Nardini, dopo un’immersione fatale nelle acque davanti alla punta di Viale Geno.
I due amici, un 57enne di Cernobbio (istruttore Fias – Federazione italiana attività subacquee) e un 58enne di Como (aiuto istruttore) erano accusati di omicidio colposo, la loro colpa – secondo l’accusa – sarebbe stata “negligenza, imprudenza, inosservanza di leggi e regolamenti e didattiche subacquee”.
L’immersione risale al settembre 2013. I problemi subentrarono al momento della risalita, con l’entrata in funzione in continuo dell’erogatore di riserva per «cause non note e comunque accidentali». Una perdita di aria che causò l’agitazione nella vittima, dando il via a una serie di accadimenti che ne provocarono l’annegamento. Secondo l’ipotesi accusatoria, i tre sub non dovevano comunque trovarsi a quella profondità (-54 metri) in quanto il brevetto prevedeva di non andare oltre i -40.
La tesi della difesa è sempre stata di “insussistenza di una posizione di responsabilità” per la morte della compagna (pure titolare di brevetto), gli avvocati degli imputati hanno inoltre spiegato non si trattava di “un’immersione didattica” tra due istruttori e un’allieva, ma di un’immersione tra tre amici che avevano un’esperienza approfondita.
“Siamo soddisfatti dell’esito del processo hanno spiegato i legali del 58enne comasco coinvolto – abbiamo sempre sostenuto che gli imputati avessero fatto tutto quanto in loro potere per salvare la compagna di immersione. Restano comunque le conseguenze sul piano umano di quella che – concludono – è stata una tragedia non solo per i familiari della vittima ma anche per gli stessi imputati”.