Elezioni amministrative. Il giorno dopo vengono incoronati signori e signore delle preferenze. Candidati e candidate che hanno totalizzato centinaia di voti. Perché va bene il risultato della lista o del partito, ok lo spirito di squadra, ma le elezioni sono anche un fatto personale. O meglio: individuale.
Una competizione. Specie alle amministrative, dove in città i candidati recuperano voti dal panettiere, dal barista sotto casa, dal cugino, dal collega, dall’amico dell’amico, dall’amante.
Visto che i vincenti avranno ampio spazio per esser celebrati, vogliamo dedicare un paio di righe – ironiche, non ce ne vogliano i diretti interessati – anche alla batteria degli sconfitti.
E per sconfitti non intendiamo chi non entrerà in consiglio. Ma chi non ha preso nemmeno un voto. Nemmeno uno. Zero, nada, nisba.
Sono ventidue, a Como, i consiglieri con la saccoccia completamente vuota. Se ci chiediamo come sia possibile, ci vengono in mente due risposte.
La prima, triste e surreale, è che nell’esercito degli astenuti ci sia pure qualche candidato.
La seconda è più romantica. Vale a dire: non solo questi ventidue cristiani non sono riusciti a convincere un cugino o un parente prossimo, ma non si sono nemmeno auto-votati.
Li immaginiamo timidi, in cabina elettorale, colti da un improvviso moto di pudore. “Dai, non posso votare per me stesso”, avranno pensato. Anime candide: la politica non fa per voi. E forse è meglio così. Per voi, s’intende.