“Sistematica e deliberata somministrazione a pazienti con bassa aspettativa di vita di anestetici o sedativi in dosaggi o combinazioni tali da provocare o accelerare il decesso”.
Così una persona che lavorava con il medico arrestato, ha definito il protocollo Cazzaniga.
Un cocktail letale di farmaci – con dosi fino a dieci volte quelle consigliate – per portare alla morte i pazienti che, secondo l’accusa, sono stati uccisi da Leonardo Cazzaniga, anestesista 60enne di Rovellasca che lavorava al pronto soccorso di Saronno. In manette, con lui, l’infermiera e amante Laura Taroni, 40enne di Lomazzo, accusata – in concorso col medico – di aver ucciso il marito. Avrebbe fatto crede all’uomo di avere il diabete, grazie alle false analisi del medico complice, e gli avrebbe somministrato farmaci rivelatisi poi letali.
Ma i casi di morti sospette potrebbero essere più numerosi. Gli investigatori hanno infatti sequestrato oltre cinquanta cartelle cliniche da analizzare, per capire se e come possano essere correlate all’attività del medico.
Quattro, fino ad ora, i casi contestati a Cazzaniga, oltre al concorso per la morte del marito della donna. Nel primo caso al paziente erano stato somministrato propofol, un anestetico, in dosi cinque volte superiore al consigliato, oltre quattro volte il quantitativo di morfina consigliato nel trattamento del dolore e oltre il doppio di midazolam, una benzodiazepina.
Nel secondo caso allo stesso cocktail – morfina, propofol e midazolam – si aggiungeva anche la cloropromazina, un antipsicotico. E ancora, nel terzo decesso, il protocollo Cazzaniga prevedeva midazolam, cloropromazina e morfina, quest’ultima in dieci volte superiore alle dosi normalmente utilizzate. Nell’ultimo dei quattro casi, al paziente è stata data una dose di morfina definita “eccessiva rispetto ai 93 anni”.
In una delle intercettazioni, Cazzaniga e Taroni discutono proprio di quella pratica. Il medico parla di eutanasia, l’infermiera precisa che per l’eutanasia serve il consenso. E così, il medico si corregge e parla di “omicidi volontari”.
Ma sono altri i passaggi ancora più agghiaccianti. Come quando Laura Taroni parla con uno dei suoi due figli, su come teoricamente eliminare alcuni parenti per risolvere dissidi familiari. “L’omicidio – dice la donna al ragazzino – va pensato, vanno pensate le concause. Va pensato al fatto che ad esempio tua nonna Maria non vuole essere cremata, quindi è un corpo che può essere riesumato e quindi da lì possono esser tirate fuori un sacco di cose, capito?”
E poi, quella conclusione, che riassume la vicenda. Sempre rivolta al figlio, la donna dice: “L’unico omicidio perfetto è quello farmacologico”.