Cumuli di posta accatastati, ritardi, disagi, bollette che una volta consegnate risultano scadute. Un quadro critico, più che critico quello delle poste a Como.
Le segnalazioni non si contano in questi giorni, decine di cittadini evidenziano disservizi dai quartieri – Rebbio e Albate in testa – e da numerose zone del Centro. Particolari i ritardi in città, zona Nord: via Borgovico, via Sinigaglia, via per Cernobbio, via dei Villini, via Passerini, per citare le principali. Alle segnalazioni arrivate a ciclo continuo in redazione si aggiunge il tamtam online e sui Social. Diversi i gruppi che si autorganizzano per chiamare insistentemente i numeri di telefono degli uffici cittadini (pare, senza ottenere mai risposta)
In questo contesto sono più che esplicative le immagini che pubblichiamo. Le foto evidenziano con chiarezza la situazione degli uffici di via Gallio, stanze letteralmente sommerse di corrispondenza, non ancora evasa, cumuli di scatole, scrivanie invase. Abbiamo aspettato due giorni prima di pubblicare gli scatti per una verifica con l’Ufficio Stampa dell’azienda. Ufficio che oggi si è limitato a rispondere, letteralmente: “Sul centro di distribuzione di Como potete dire che stiamo verificando”. 24 ore per ottenere 11 parole.
I disagi non sono materia nuova ma frutto della riorganizzazione del servizio voluto dall’azienda, come hanno denunciato più volte i sindacati giunti, di recente, allo sciopero del 4 novembre. La consegna a giorni alterni costringe i postini a un lavoro enorme e sono sufficienti un festivo, un piccolo disguido, una malattia o un giorno di ferie di un collega per aggiungere ritardi a ritardi.
Fate bene. Sono un postino e la situazione deve venire a galla. Non dipende da noi ma dalle decisioni dei vertici che hanno tagliato zone e personale
Il difetto di origine delle Poste (italiane, eh!) è attribuibile alla loro funzione non dichiarata: essere un ufficio di collocamento delle aree dell’Italia centro meridionale, zone in cui scarseggiava e scarseggia il lavoro, terreno di pascolo per il politico o maneggione di turno, i quali ti assumono, o fanno assumere tuo figlio in cambio di voti e altro: do ut des.
Gente, dunque, spesso demotivata o comunque non incentivata a “produrre”, tanto lo stipendio arrivava (arriva) sempre.
Con la parziale privatizzazione però, le Poste devono riuscire a stare sul mercato, fare concorrenza ai numerosi e ben organizzati corrieri, cercare di strappare clienti alle banche.
Come riuscirci con un personale, non tutto per carità, abituato con il vecchio tran tran?
Ecco dunque che, periodicamente ma anche no, si ripropongono scenari da Terzo Mondo.
Io frequento pochissimo gli uffici postali italiani, possono passare anche mesi senza che ci metta piede, facendo tutto on line, mi evito di dovere fare attese di interi quarti d’ora solo perché chi mi precede – una sola persona! – deve fare un prelevamento.
Detto questo, e non volendo maramaldeggiare, mi astengo dal fare confronti con le Poste elvetiche.
É arrivato il momento di rivolgersi alle agenzie private poste italiane É un continuo fallimento