E’ scattata il 24 ottobre la mobilitazione dei sindacati di Poste Italiane contro la privatizzazione dell’azienda (con l’ulteriore cessione del 30 per cento) e la “riforma” del recapito a giorni alterni.
Per questo i rappresentanti dei lavoratori hanno indetto da una settimana il blocco delle prestazioni straordinarie e aggiuntive (che si concluderà il 23 novembre), mentre per venerdì 4 novembre è stato proclamato lo sciopero generale nazionale di tutti i dipendenti.
I sindacati chiedono al governo “che l’azienda non sia totalmente privatizzata, che sia mantenuta l’unicità aziendale, che si utilizzino gli utili di bilancio per continuare a migliorare i servizi e le condizioni di lavoro”.
Altro punto di forte attrito è la “riforma” del recapito a giorni alterni: “La posta va recapitata tutti i giorni – accusano i sindacati – come afferma anche l’Unione Europea, e la riorganizzazione della divisione Poste Comunicazione Logistica deve essere fatta con investimenti mirati alla qualità del servizio, all’efficienza delle consegne, alla valorizzazione della straordinaria rete logistica dell’azienda. C’è una enorme fetta di mercato da intercettare e solo piani mirati in quel senso garantiranno in futuro la solidità di Poste e il mantenimento dei livelli occupazionali”.
I sindacati denunciano rimarcano anche i carichi di lavoro “massacranti” per gli addetti agli sportelli e le pressioni commerciali “al limite del ricatto” subite da tutto il personale. In conclusione, affermano che “non si possono chiudere uffici postali solo perché in zone disagiate, non si può continuare a ignorare la necessità di personale agli sportelli e non si può trattare il dipendente postale come fosse un venditore a cottimo, spinto solo a collocare prodotti in una insana e inefficace rincorsa dell’obiettivo di budget”.