Il sindaco Mario Lucini ancora ieri sera in diretta al telegiornale di Etv è stato morbido nei confronti della lettera firmata da 100 volontari e ricolma di critiche verso il Comune per una serie di assenze sull’assistenza ai migranti: “Non possiamo dividerci, va mantenuto sangue freddo davanti a una situazione complessa e imprevista. E il campo di via Regina non sarà una zona di reclusione”.
Più affilata, invece, la risposta dell’assessore ai Servizi Sociali di Palazzo Cernezzi, Bruno Magatti, soprattutto nell’incipit della replica affidata a Facebook: “C’è chi fa uso delle “povertà” come uno sgabello per farsi grande e per farsi credere migliore degli altri. C’è chi si mette in cattedra. C’è chi esprime giudizi senza sapere o sul sentito dire. C’è chi sa e preferisce tacere la verità e i fatti”. Parole veramente dure, dettate dalla sorpresa, dall’amarezza e dalla sincera convinzione dell’infondatezza di molte delle accuse mosse dai 100 volontari (tra i quali Flavio Bogani e don Giusto della Valle) all’amministrazione.
“Continuerò a lavorare con il sindaco – prosegue Magatti – con la giunta e con miei collaboratori, come sto facendo da due mesi mantenendo un “profilo bassissimo”, senza esibizione di me e del mio lavoro di cui sono intimamente contento e i cui risultati vanno ben al di là delle apparenze di chi vede solo una parte modesta di ciò che accade. Non ho sensi di colpa né frustrazione. Non racconto i miei passaggi in stazione né i miei incontri con le persone. Non ho lezioni da dare. Ci sta il rischio dell’incomprensione, della narrazione ostile. Facendo politica nell’istituzione conosco l’uso in buona o cattiva fede di narrazioni fasulle o ipocrite, le strumentalizzazioni più o meno volontarie. Sono stati mesi di impegno continuo, di presenza senza tregua in un’emergenza che si è aggiunta al quotidiano accompagnare altre situazioni difficili e invisibili (povertà, sfratti, licenziamenti…)”.
Duro anche l’affondo conclusivo dell’assessore: “Non sono tra coloro che trovano il tempo di scrivere continuamente quello che fanno: ho sempre confidato in una “verità” che va ben al di là dei racconti. Ma questa è l’epoca del narcisismo “social”, dell’insulto libero via internet, del sentito dire, della speculazione, delle persone che non hai mai incontrato e che sanno dire cosa pensi, che parlano di te senza quasi conoscerti per un passa-parola mai verificato. Ho un formazione scientifica, rigorosamente scientifica. Non amo le chiacchiere, sono sui problemi e provo a costruire soluzioni, ogni giorno”.
Ma a dimostrazione di quanto sia stata profonda la lacerazione causata dalla lettera dei 100, vi sono numerose prese di posizione anche extra-Comune. Perché se a tono è stata anche la replica di Stefania Soldarini, volontaria della prima ora sin da inizio luglio oltre che consigliera comunale di Como Civica (“Dall’ 11 luglio al 19 agosto, ancora ieri sera fino alle 23.00 sono stata quotidianamente impegnata in stazione: sì lo so, sono piccola di statura e magari non mi rendo visibile come piace fare ad altri, ma vi garantisco che l’ impegno c è stato eccome e con me anche i consiglieri Elide Greco, Patrizia Lissi, Luigino Nessi, Celeste Grossi, Mario Forlano”), si diceva, anche oltre Palazzo Cernezzi quel documento ha suscitato dubbi e malumori.
Più di un volontario, anche sui canali social della “Mensa solidale a Sant’Eusebio” ha criticato la modalità di “nascita” della lettera al sindaco e i contenuti; e anche il segretario provinciale della Cgil, Giacomo Licata, ha mostrato di non gradire granché: “Ci sono azioni mirate a trovare soluzioni, purtroppo ce ne sono altre finalizzate a creare divisioni. La lettera di critiche al sindaco Mario Lucini e all’amministrazione del Comune di Como sulla gestione dei migranti in stazione San Giovanni appartiene alla seconda categoria. Legittimo, ma non se ne sentiva la necessità in questa fase”.
Insomma, la ferita innescata dal documento e dalle sue ragioni c’è stata ed è forse tuttora profonda. Il tempo – e probabilmente l’apertura e la futura gestione del campo migranti in fase di allestimento in via Regina – diranno quando e se sarà sanabile.
Grattata via la patina dorata dell’altruismo, si scoprono intenti un po’ meno nobili: una questione di visibilità finalizzata, molto probabilmente, a un futuro incasso politico. Ricordo di avere ascoltato, qualche giorno fa, proprio a Espansione tv, l’assessore Magatti dire che l’assistenza ai profughi deve essere gestita in maniera ufficiale e professionale senza improvvisazioni, le quali improvvisazioni possono creare più problemi di quanti riescono a risolvere. Dopo qualche giorno di meditazione, è arrivata la risposta. Molto dura e altrettanto ingiusta.
Quello che posso dire è che,nelle sere in cui ero presente come volontario alla mensa di don Giusto, i minori arrivavano portati dalla Polizia. Qualche volta ho visto Bernasconi della Caritas, ma mai operatori comunali. O, perlomeno, nessuna persona che potesse essere identificata come tale.