Per chi è del mestiere (analista, osservatore dei flussi, media manager, data manager, giornalista o ibrido con qualche pulsione digitale) Steve Scott è una sorta di Baba, diremmo Guru, senza sfumature.
Oggi a Como, in biblioteca, il santone (lo è) della media analysis, del media criticism ha sedotto una platea di affamati (era ora) della comunicazione digitale. Analista del microdettaglio, della sfumatura, del dato organico ha raccontato l’evoluzione di un universo (quello dei DATA) che ancora sfugge al vecchio Continente.
In sostanza, ha spiegato quanto, altrove, è normale: non vi può essere conoscenza del mondo senza una quantificazione, un peso, una misurazione, anche – ma non solo – statistica, del medesimo (attraverso, ovvio, l’analisi dell’attività online di ogni singolo individuo).
Ma ciò che un’azienda chiama sentiment dell’utente (cliente) altro non è che una ricodificazione di una voglia, di un bisogno naturale o indotto (tradotto), in termini economici, quindi – e non vi è nulla di male, basta saperlo – business. Attrezzarsi, ascoltare gente come Scott, è un modo per formare l‘Impresa, l’Azienda, il modo di comunicare del (nel) nuovomondo. Universo in cui la pubblicità, nuda e cruda, è andata in soffitta, e resta la comunicazione pura. Ma ancora pochi- adesso – lo hanno capito.
Non ci fosse Lake Como School of Advanced Studies non ci sarebbe niente di tutto questo.
Francamente il “sentiment” principale di numerosi cittadini – non soltanto comaschi – è che le multinazionali come Google paghino le tasse nei paesi dove operano. Così come ci auguriamo lo faccia anche la più casareccia come “location”, ancorché altisonante nel nome, Lake Como School. Poi si può discutere di tutto e fare azioni di marketing mirato spacciandole per informazioni preziose per gli “affamati”.