Alla fine, anche uno degli ultimi tabù sussurrati finora soltanto informalmente, ufficiosamente, a mezza bocca, è caduto. Ed è quello della possibile presenza tra i migranti accampati ormai da settimane alla stazione San Giovanni di Como, in attesa dell’arrivo dei prefabbricati in via Regina, di possibili “sobillatori”, siano essi volontariamente all’opera per creare confusione o magari anche soltanto per l’imperizia nella gestione delle informazioni più o meno veritiere in circolazione. Ad affrontare il tema, per quanto “delicatamente”, è stato il sindaco Mario Lucini, ospite ieri sera della trasmissione “60 Minuti” della Rsi, la televisione svizzera. Con il primo cittadino, in studio anche Norman Gobbi, consigliere di Stato e membro della Task Force creata per il problema migranti, Marina Carobbio, consigliera nazionale Ps Ti, Giorgio Fonio, granconsigliere Ti e consigliere comunale di Chiasso, Massimiliano Robbiani, consigliere comunale di Mendrisio.
Nel corso della trasmissione è stato rievocato l’episodio accaduto alla stazione San Giovanni sabato scorso, quando nel pomeriggio decine di migranti hanno improvvisamente tentato di salire in massa sui treni diretti in Svizzera venendo fermati dalla polizia in assetto antisommossa. Un movimento innescato, ormai è pressoché certo, dalla diffusione di notizie false e senza alcun fondamento circa l’apertura di un inesistente corridoio autorizzato via ferro per il transito nella Confederazione, direzione Germania e Nord Europa in genere. Voce smentita categoricamente da ogni parte ma che non ha evitato qualche ora di alta tensione allo scalo comasco. E proprio da questo fatto è partito il ragionamento di Lucini.
“Sabato è stato un primo segnale e un elemento di preoccupazione – ha affermato il sindaco di Como – perché per ora non ci sono stati né comportamenti disdicevoli, tensioni o allarmi sociali e questo è un dato molto positivo per la città”. “Bisogna stare attenti, però – ha proseguito Lucini – sia a chi specula su questi problemi inducendo allarmi o paure eccessive, sia illudendo queste persone per prefigurare propri ideali senza regole e senza frontiere. Anche illudere queste persone è lavorare contro di loro e creare problemi a loro e alla città. Ci vuole molta attenzione e responsabilità oltre a un’informazione corretta. Anche per questo noi affianchiamo il lavoro dei volontari con mediatori culturali e esperti giuridici: per dare informazioni univoche ed evitare malintesi ed equivoci”.
Parole istituzionalmente impeccabili, che però per la prima volta fanno affiorare in forma pubblica quello che in realtà da giorni è un tema strisciante: il rischio di infiltrazioni poco trasparenti alla stazione San Giovanni di singoli o frange di movimenti più o meno politicizzati, con obiettivi tutt’altro che tesi al mantenimento di toni e azioni di basso profilo.
Un primo allarme, in questo senso, scattò all’inizio del mese, quando su muri, edifici pubblici e palazzi della città apparirono decine di scritte attribuibili alla “galassia No Borders”, con tanto invocazioni ad appiccare il fuoco ai Centro di identificazione del Sud Italia e all’apertura delle frontiere per il transito dei migranti. Un secondo episodio controverso e poco chiaro, fu invece nei giorni scorsi la cacciata di una troupe Mediaset dal parco della stazione durante una trasmissione di Rete 4 dedicata al tema migranti: non furono né i volontari né i migranti stessi ad allontanare forzatamente giornalista e operatore.
Infine – ovviamente sempre tenendo presente l’assalto ai treni di sabato scorso nato dalla diffusione di false notizie, forse ad arte – impossibile non ricordare l’appello di Rifondazione Comunista Como che in una nota ufficiale del 12 agosto scorso si scagliò contro “le velleitarie proposte di contromanifestazioni avanzate dai soggetti provenienti da Roma, Milano e Bologna che dovrebbero avvenire in concomitanza con il Forum Ambrosetti ai primi di settembre […] con massiccia presenza da tutta Italia per azioni dimostrative via terra e via acqua”. Proposte a cui peraltro – con grande senso di responsabilità – la nota rispondeva con un no secco e senza margini, oltre che con una dissociazione formale, ai “professionisti del catering della protesta”.
Che però sotto la sostanziale calma che finora ha contraddistinto la presenza dei migranti a Como stia bollendo qualcosa di meno pacifico, di esterno e di totalmente estraneo agli obiettivi umanitari dei tantissimi volontari all’opera in stazione, sembra un dato acquisito.