Come da programma, la mozione di sfiducia nei confronti del sindaco di Como, Mario Lucini, è stata respinta.
Ma, sempre come da programma, la maggioranza non è stata compatta: due consiglieri del Partito Democratico, il dissidente Gioacchino Favara – che ha anche firmato la mozione – e Raffaele Grieco non hanno partecipato al voto.
Questo non ha permesso comunque alla minoranza di sfiduciare il sindaco, perché la mozione è stata respinta con cinque voti di scarto: 13 a 18.
Il documento presentato dalle opposizioni era centrato sulla questione paratie, al centro di un’inchiesta della procura di Como, che sta indagando anche su altri appalti pubblici della città.
Ma in questi due giorni di dibattito, in consiglio comunale, Lucini e la sua amministrazione hanno incassato anche altre critiche. Da più parti, l’amministrazione è stata accusata di essere distante dalla città, punto sul quale Lucini ha risposto ieri sera. <Essere sindaco di tutti non significa accontentare tutti, ma significa ascoltare chi non grida o non protesta, e cercare di avere uno sguardo lungo che va oltre l’inseguimento dell’applauso immediato. Sono sempre in mezzo alla gente, in centro come nelle periferie. Parlo in dialetto con l’anziano per strada, così come il nuovo cittadino che parla stentatamente l’italiano. Che io sia distante dalla città è la cosa più lontana dalla verità che mi si possa dire>.
Lucini è intervenuto anche sulle paratie. <Abbiamo intrapreso un percorso chiaro e trasparente. Non voglio comunque negare problemi o responsabilità. Ma mon è vero che questi anni di lavoro sono diventati carta straccia e non è vero che Anac ha bocciato i contenuti tecnici della terza perizia di variante>.