Ergastolo per Dritan Demiraj con isolamento diurno per 18 mesi, 30 anni per Monica Sanchi e 5 anni per lo zio dell’albanese, assolto dall’accusa di omicidio e condannato “solo” per occultamento di cadavere. La Corte d’Assise di Rimini ha pronunciato ieri in serata, dopo una camera di consiglio durata nove ore, la sentenza per gli omicidi di Lidia Nusdorfi, uccisa a Mozzate e Silvio Mannino, a Rimini.
Dritan Demiraj, che aveva confessato i delitti, avrebbe ucciso prima Silvio Mannina, 30enne bolognese strangolato con un cavo elettrico il 28 febbraio 2014 in Romagna, e poi Lidia Nusdorfi, la sua ex compagna 35enne accoltellata il giorno successivo, il primo marzo, nel sottopassaggio della stazione ferroviaria di Mozzate. Il processo si è svolto a Rimini, dove è avvenuto il primo dei due crimini dei quali l’albanese è accusato. Il pubblico ministero Stefano Celli aveva chiesto l’ergastolo per Demiraj e anche per Sadik Dine, lo zio del panettiere, accusato di concorso nell’omicidio di Silvio Mannina oltre che nell’occultamento del cadavere del ragazzo, sepolto in una zona paludosa all’interno di una ex cava a pochi chilometri da Rimini. Per Monica Sanchi, la nuova compagna di Dritan, il pm aveva chiesto trent’anni di reclusione. La donna avrebbe infatti avuto un coinvolgimento in entrambi i delitti.
L’albanese, secondo quanto ricostruito nel processo, avrebbe ucciso la ex compagna perché accecato dalla gelosia. Demiraj accusava Lidia di averlo tradito e non accettava la situazione. Mannina invece è stato eliminato perché aveva avuto una relazione con Lidia dopo che la donna aveva lasciato Dritan e aveva provato a ricostruirsi una vita.
Il 10 marzo scorso intanto, la Corte di Appello del Tribunale dei Minori di Bologna ha condannato a 28 anni – rispetto ai 16 della sentenza di primo grado – il giovane che secondo l’accusa aveva partecipato ai delitti.