Ergastolo, isolamento diurno, perdita della patria potestà: è la richiesta avanzata stamattina dal pubblico ministero in Corte d’Assisea Rimini per il processo a carico di Dritan Demiraj.
Il fornaio albanese deve rispondere dell’omicidio di Lidia Nusdorfi, uccisa a colpi di coltello la mattina del primo marzo del 2014 nel sottopassaggio della stazione di Mozzate, e dell’amico della donna, Silvio Mannina, assassinato il 28 febbraio dello stesso anno e poi sepolto a Santarcangelo di Romagna.
La pubblica accusa ha chiesto l’ergastolo anche per lo zio di Demiraj, Sadik Dine; trent’anni di condanna, invece, è la richiesta per Monica Sanchi, una ex fidanzata del fornaio albanese.
L’ultima udienza del processo – arrivato oggi alle battute finali – è prevista per il 14 marzo, giorno in cui verranno ascoltate le repliche e probabilmente, verrà letta la sentenza.
Nelle dichiarazioni spontanee rese oggi, lo zio di Dritan ha detto di non aver ucciso nessuno, ma di aver agito solamente per aiutare il nipote.
Demiraj ha invece escluso la premeditazione, raccontando di aver perso la testa e di aver agito per gelosia nei confronti di Lidia Nusdorfi.