Il conto alla rovescia, i fuochi d’artificio, i discorsi e poi ancora gli applausi e le enormi tenaglie al lavoro per iniziare a demolire il cosiddetto “corpo a C”. Tutto questo verrà ricordato inevitabilmente domani dai comaschi. Già perché il 27 gennaio di nove anni fa, nel 2007, iniziò l’abbattimento della Ticosa o Tintoria Comense Sa, storica tintostamperia per decenni simbolo dell’industria lariana e più recentemente diventata emblema dell’immobilismo, ma anche del degrado. Come sempre, quando si parla di anniversari legati alla Ticosa, c’è poco da festeggiare. Nove anni dopo l’abbattimento, tra progetti e annunci, restano ancora pesanti incertezze sul futuro dell’area di via Grandi. La riqualificazione non è mai partita e il Comune di Como deve ancora trovare un accordo con Multi, la società che si aggiudicò l’appalto per realizzare il nuovo quartiere e con la quale si è aperto nel frattempo un contenzioso. Altrettanto incerto è il futuro, ma soprattutto il conto finale della bonifica dell’area, divisa in 13 spazi, le cosiddette celle. Settimana scorsa sono partite le operazioni di approfondimento per capire i materiali da smaltire limitrofi alla cella 3 accanto alla Santarella, l’unica rimasta in stand-by finora. Avviata la caratterizzazione per catalogare qualità e quantità dei materiali da rimuovere, resta da capire a quanto costerà ripulire il sottosuolo dai veleni. Il conto supera già 4 milioni. Un conto salatissimo per una zona della città il cui futuro, soltanto 9 anni fa, sembrava decisamente diverso.