93 negozi chiusi sul Lario in tre mesi, praticamente uno al giorno. Più precisamente 74 in provincia di Como e 19 in città. I numeri forniti dalla Camera di Commercio dipingono, nel secondo trimestre 2015, un quadro ancora grigio per il commercio.
Stringendo l’obiettivo sul capoluogo, tra aprile e giugno, a fronte – come detto – di 19 attività che hanno abbassato la saracinesca sono soltanto 11 quelle che hanno aperto.
Un altro elemento è ulteriormente significativo: il totale delle attività iscritte al 31 giugno del 2015 era 1.472 contro le 1.498 del 2014, una trentina in meno.
Numeri che dunque sembrano contrastare con l’annuncio del presidente di Confcommercio Italia Carlo Sangalli che, pochi giorni fa, ha parlato di una ripresa dei consumi a luglio.
«Certo è necessario avere fiducia e trarre energie positive anche dai piccoli segnali come quelli comunicati dal presidente ma sinceramente – ne ho parlato con lui proprio questa mattina – non mi sembra proprio si possa essere tranquilli. Il segno meno è sempre in evidenza», dice il numero uno di Confcommercio Como, Giansilvio Primavesi. «La crisi non è certo passata e in ogni caso questo lieve incremento di luglio non può nascondere quello che rimane sempre il vero problema attorno al quale ruota tutto: ossia i costi per fare impresa, le tasse, la burocrazia. Chi fa impresa è soffocato», spiega ancora Primavesi. «L’unico nostro vantaggio è rappresentato dai turisti che sono sempre un’ancora di salvataggio per noi. E purtroppo devo anche dire – conclude – che la nostra grande speranza riposta in Expo si è rivelata una delusione. Sul nostro territorio non ha portato assolutamente nulla».