Dall’università alla sanità, passando per la politica: Como, nel migliore dei casi, deve convivere con Varese. Nel peggiore, deve dipendere dalla Città Giardino.
Non è un complesso di inferiorità, quanto una situazione reale e riscontrabile in numerosi aspetti della vita pubblica.
Comaschi e varesini non sono mai andati particolarmente d’accordo. Una diffidenza forse acuita dal fatto che, negli ultimi anni, il peso specifico di Varese è aumentato.
Merito, sicuramente, della Lega Nord, storicamente radicata nel Varesino. Soprattutto in tempi in cui il Carroccio era l’ago della bilancia nella scena politica. Basti pensare al fatto che Varese ha espresso un ministro dell’Interno, l’attuale governatore regionale Roberto Maroni.
Ma partiamo dalla sanità. Ieri la commissione del consiglio regionale ha approvato un progetto di riordino di Asl e aziende ospedaliere: eccezion fatta per il centro e alto Lario, la provincia di Como, nel disegno del Pirellone, convive con Varese e Busto Arsizio nella Agenzia di Tutela della Salute dell’Insubria. Il fronte bustocco e varesino di certo sarà più imponente rispetto a quello comasco.
Passiamo poi all’istruzione. Università dell’Insubria: un ateneo – sulla carta – bicefalo. Una sede a Como, un’altra a Varese. In teoria, pari dignità. In pratica, Como si è sempre dovuta fare spazio a gomitate, non foss’altro perché Varese ha la prestigiosa facoltà di Medicina.
Como e Varese convivono poi anche quando si parla di edilizia residenziale. Dal 1° gennaio 2015 l’Aler della provincia di Como è ufficialmente accorpata alle sedi di Varese, Monza Brianza e Busto Arsizio.
Anche nei trasporti pubblici il futuro è simile: un’agenzia unica tra Varese e Como, con l’aggiunta di Lecco.
In altre parole, i comaschi e varesini dovranno superare rivalità e dissapori. Perché il destino porta a una convivenza, magari forzata, o, addirittura, a una dipendenza.